Sacro e profano

Mi è sempre stato detto – ….non ricordo bene da chi…. – che “c’è un posto per ogni cosa e una cosa per ogni posto” e questo dovrebbe valere per come vestirsi, come atteggiarsi, comportarsi e così via……
Un tale ragionamento, mi pare non faccia una grinza!
…… e per la musica? ….. esagero forse nel dire che non s’è mai vista un’anarchia così diffusa?
La mia riflessione parte dal fatto che si sente davvero di tutto, dovunque e con gli organici più disparati: da quelli tradizionali, a quelli più originali, dai “maniaci dello stile”, fino alle forzature più clamorose, pur di provare qualcosa di diverso, che spesso scade in qualcosa di “imprecisato”.
Un’esecuzione vocale, prevede chiaramente un testo da cantare e le parole rendono inequivocabile il contenuto e di lì, i luoghi adatti al culto, o le situazioni e realtà più disparate.
Per definizione, una composizione sacra dovrebbe essere legata al rispetto del luogo, ad un testo che spesso coincida con una preghiera, portata alla meditazione e alla riflessione interiore.

A proposito di comunicabilità

Le composizioni del passato, utilizzavano una sonorità prevalentemente delicata, una ritmica piuttosto comoda, per favorire una facile assimilazione da parte della gente comune, che cantava di conseguenza con facilità tali melodie, orecchiabili e ben calibrate sulla respirazione naturale.
Se ci si pensa, c’era una sua logica in tutto questo e l’analisi – anche superficiale di alcuni inni presi a caso –  mette a nudo quanto si sia persa di vista la praticità di questi fattori, tutt’altro che secondari, dato che è sotto gli occhi di tutti quanto il canto sia diventato una specialità per pochi addetti ai lavori – sempre più una questione di esibizionismo, o di competizione – che esclude l’aspetto partecipativo e celebrativo della collettività, che non è nelle condizioni reali di dare il proprio contributo, perchè troppo complesso ed incomprensibile il messaggio richiesto, troppo difficile l’aspetto tecnico necessario all’esecuzione.
Basti pensare di assistere ad una Santa Messa in Tempo Ordinario, dove la partecipazione dell’assemblea è tutt’altro che spontanea e collegiale (direi di una pena senza fine, se paragonata alla nostra nobilissima storia recente!) e per rendersene conto meglio, perchè non provare un’analisi anche solo di facciata, per trovare delle risposte?

Alcuni tratti analitici

• La ritmica (con l’ausilio o meno di strumentazioni tendenti a tutto ciò che è profano, con chitarre, batteria, percussioni, o altro), risulta ripetitiva, eppure poco incisiva malgrado l’insistenza degli accompagnamenti: non pare esserci una vera chiarezza che aiuti l’assieme, malgrado siano tutti canti all’unisono.
• Le melodie, sono caratterizzate da molte cellule sincopate, tipiche della musica leggera, non certo caratteristiche dell’autorevole cultura sacra, anche di pochi anni fa: non è necessario scomodare i grandi classici dei secoli passati, basta fermarsi agli anni settanta….anche questo, non aiuta l’insieme compatto dell’assemblea, fatto da gente semplice, comune, che cantando si trova innegabilmente in difficoltà; la conseguenza è che anche la memorizzazione è frammentaria, data la difficoltà melodica, che poggia sopra arie spigolose, adatte ad un cantante solista, più che per il canto corale.
• L’armonia delle melodie da chiesa, seguiva regole accordali precise, che favorivano l’aspetto emotivo in linea col tempo liturgico, cui pure il bravo organista obbediva con competenza e con mestiere, favorendo il clima da promuovere (come ad esempio, la “registrazione-quaresimale” dell’organo nel tempo della Settimana Santa, così da favorire sia la meditazione – particolarmente intima del momento specifico – e per contro, l’esplosione gioiosa della Pasqua subito successiva), collaborando e sostenendo l’assemblea, addolcendo e facilitando ogni passo dei canti (trasportandoli, rallentando, con introduzioni, interludi, brevi improvvisazioni, ecc.), al fine di favorire il coinvolgimento di tutti – con discrezione – ma anche autorevole persuasione, come una brava guida dovrebbe sarer fare.
• Il testo, pare abbia perso ogni traccia di praticabilità: rime, sillabazioni, dittonghi, quartine, piuttosto che sestine, organizzazioni logiche in strofe e ritornelli, tutti elementi che certamente erano d’ausilio mnemonico e sposavano perfettamente la parola al suono, in un tutt’uno compatto e gradevole.
……e s’è presa in considerazione solo la musica sacra vocale, quella cioè inequivocabilmente sacra, o che dovrebbe essere tale…e in modo solo sfuggevole…
…e quella solo strumentale?…con la scusa che è priva di testo, si presta a qualsiasi adattamento, aggiustamento, più o meno consono al momento, alla situazione ed al luogo.
Viceversa, bisogna dire, che la storia in questo caso, dice esattamente l’opposto di quanto accennato per la vocalità, infatti le musiche così dette “da chiesa”, o “da camera”, differivano per pochi elementi e spesso gli stessi autori, le riadattavano al fabbisogno, tanto che intere composizioni venivano utilizzate già allora, come intercambiabili, il che la dice lunga……

Fra tradizione e modernità

Insomma, non è forse il buon senso, il buon gusto, a fare da unico arbitro, su quanto e come osare nella varie situazioni che siamo chiamati ad animare?
Tante inutili dispute, tali censure di facciata (celeberrima quella dell’Ave Maria di tizio, o di caio, solo perchè in dedica a colei che non era “la Madonna”, ma “una madonna!”), troverebbero facile soluzione, se centrate sul contenuto e sulla fattiva realizzazione della partitura musicale.
Che poi il confine che separa il “buon gusto”, da fiumi di musica veramente “inudibile” (anche in ambito sacro, notoriamente, un po’ più prudente di quello profano), sia fin troppo sottile, è innegabile, ma forse è il prezzo da pagare in nome della libera espressione di ognuno di noi e credo sia un atto dovuto. E quella più “leggera” a cosa punta? Mi pare evidente che sia un fenomeno di massa, di appartenenza, che arriva ovunque e dovunque: dappertutto! Certamente tutti d’accordo nel definirla “profana”, a meno di considerare certi personaggi talmente celebri, dall’essere dei padreterni, dei veri e propri fenomeni sociali e quindi di costume: oggi come allora, li chiameremmo divi, o più al passo coi tempi vip, o ancora più nello specifico influencer.

Citazioni citabili

“La troppa familiarità con le cose sacre allontana forse da Dio. I sagrestani non entrano in Paradiso”- Ennio Flaiano
“La cultura si è avvantaggiata soprattutto dei libri sui quali gli editori hanno perso”- Thomas Fuller

Ora confrontiamo alcuni aspetti: di ieri, di oggi, di sempre…..

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75 commenti

  1. Chigioni Samuel Alex

    Vorrei collegarmi a questo ampio discorso con una semplice ma puntuale citazione:
    “il sacro e il profano sono due modi d’essere nel mondo, due situazioni esistenziali assunte dall’uomo nel corso della storia.”–,Mircea Eliade.
    E’ inevitabile che l’uomo, nel corso del tempo, abbia dovuto adattarsi a situazioni, RICHIESTE O ESIGENZE, e al proprio periodo; ma come detto nella citazione riportata sopra, sono DUE situazioni, non una, e a parer mio è giusto differenziarle.

    E’ vero, oramai ai tempi nostri si sente veramente di tutto, e c’è veramente una vasta quantità di musica e di produzioni possibili.Questa grande varietà di generi, ha portato anche l’opportunità di evolvere gli stili e di potersi specializzare ,ed è verissimo il paragone che sussiste tra le composizioni del passato, molto più accessibili, con ritmiche comode e sonorità delicate, pensate apposta per l’insieme e per una collettività comune, e quelle odierne, dove queste “piccolezze” sono passate in secondo piano, lasciando spazio ad altro, diventando anche una questione di esibizionismo o di competizione, senza badare alla collettività.
    E di sicuro, la ritmica, le melodie, il testo, e tutte le varie caratteristiche che son state citate, non danno per niente una mano ad un’idea d’insieme.

    L’uomo nel corso del tempo, è possibile che si sia abituato a questa valorizzazione singola e meno “comunitaria”, (dovuta anche allo sviluppo e all’integrarsi di nuove caratteristiche ed elementi che hanno comportato un cambiamento), che prevale per la maggior parte dei casi anche nei tempi nostri? Questa è una delle domande che mi sorge pensando a questa evoluzione specifica.

    Questo ragionamento mi fa tornare in mente una richiesta che mi venne posta precedentemente ad una esecuzione liturgica, dove, nel momento in cui si decidevano i canti da suonare, mi venne proposto di non eseguire la sonata di chiusura lasciando spazio ad una esecuzione che in quel contesto, in quel luogo, e in quel momento non sarebbe stata cosi consona, e mi sembrò parecchio strano ed inusuale.
    Oramai, trovandoci in un’era più che moderna, ci siamo adattati, e ci adattiamo tutt’ora; magari non vedendo in tutto ciò una grande contrapposizione, ma una semplice polarità.

    • Sono molto d’accordo con quanto detto da Samuel. Sono convinta che la musica possa essere uno specchio come anche tutte le altre forme d’arte dell’epoca in cui viene prodotta, ascoltata e suonata. Sicuramente nel XVII secolo quando si inizia a diffondere l’oratorio, (espressione musicale religiosa, nella quale confluiscono, intersecandosi e rinnovandosi, le varie espressioni della musica sacra, a partire dalla lauda) era appena terminato il Concilio di Trento e vi è un profondo rinnovamento del Cristianesimo e un risanamento della società cristiana nel campo dell’istruzione e dell’educazione religiosa. Proprio per questo motivo penso che la musica di allora si basasse più su una semplicità formale e si puntasse di più alla collettività. Allo stesso modo oggi avendo anche ovviamente diversi mezzi per ascoltare, comporre e suonare musica si è perso il senso di collettività di allora, questo però non necessariamente deve essere un elemento negativo. Magari la nostra generazione e l’epoca che stiamo vivendo non sarebbe riuscita ad apprezzare la semplicità della musica e dei testi di allora.

    • Sono molto d’accordo con quello che hai detto, vorrei provare a rispondere alla tua domanda. A parer mio, l’uomo si è pian piano abituato a questa intercambiabilità tra la musica sacra e profana. Tu hai detto di aver suonato durante una celebrazione liturgica, un brano che non c’entrasse nulla con il contesto nella quale ti trovavi, però questa pratica veniva utilizzata anche durante il periodo barocco; molti compositori scambiavano brani profani con quelli sacri senza cambiare una virgola nella partitura. Questo avveniva perché il tempo a disposizione era molto breve, e trovavano comodo “RICICLARE” dei brani già scritti. Questa pratica ha portata l’uomo ad abituarsi a questa intercambiabilità che, con il tempo, ha continuato a diffondersi e a normalizzarsi.
      Detto ciò, sono profondamente d’accordo con quanto hai affermato: il sacro e il profano devono essere posti su due mondi differenti, questa intercambiabilità non deve essere troppo esagerata. Bisogna ricordarsi di essere sempre in un ambito SACRO. Se si volesse utilizzare questa intercambiabilità bisognerebbe farlo in un modo sensato.

  2. Bianca Beltrami

    Credo che per affrontare l’argomento sia necessario fare chiarezza su alcuni aspetti. Infatti, se tutti noi sappiamo che la MUSICA PROFANA è tutta quella musica che viene considerata inadatta e non consona ad un ambiente religioso, per molti non è chiaro come definire esattamente la musica sacra.
    Innanzitutto è necessario distinguerla in:
    – MUSICA SACRA: è una musica considerata essenziale a una persona
    o a una comunità dal punto di vista religioso.
    – MUSICA LITURGICA: è una musica prettamente legata al rituale
    liturgico e quindi contestualizzata.
    – MUSICA SPIRITUALE: è una musica che permette di elevare
    l’anima a Dio, senza essere però inserita nel contesto di un
    rito religioso.
    – MUSICA RELIGIOSA: è una musica che viene consacrata da testi o
    preghiere religiose.
    Ora che la distinzione è chiara e le differenze sono nette è possibile affermare che l’intercambiabilità della musica nei due differenti contesti (sacro e profano) non derivi dalle composizioni sesse ma dal loro ruolo e da quanto fossero state contestualizzate dai loro compositori ad un ambito più che all’altro. Certo, la mancanza di un testo (nel caso della musica strumentale) che non definisse a quale contesto la composizione fosse indirizzata e tutte le caratteristiche che vengono citate come il ritmo, la metrica e gli organici che diventano sempre più simili fra sacro e profano, rendono estremamente istintiva l’intercambiabilità dei due generi. Quello che deduco è quindi che ciò che rendeva una composizione più idonea ad un contesto più che ad un altro era, quindi, l’intenzione del compositore e degli esecutori…

    Nella società moderna la differenza fra musica sacra e musica profana è diventata impercettibile, specialmente in alcune religioni diverse da quella Cattolica come il Battismo.
    Inoltre, non è da dimenticare che una musica può essere considerata sacra per un culto, senza esserlo per un altro, allo stesso tempo una musica che noi consideriamo profana può essere considerata spirituale per un’altra religione. Quale è, allora, l’elemento che fa tendere l’ago della bilancia da una delle due parti?

    Detto questo mi piacerebbe rivolgere questa domanda ai miei compagni: È ancora corretto parlare e differenziare musica sacra e musica profana nella società in cui viviamo, in cui parola d’ordine è diventata “fluidità”?

    • A mio parere la differenza è minima e si percepisce soprattutto dal testo. Possiamo trovare tante melodie usate in ambito sacro adattate al profano grazie al testo, e viceversa. Ad esempio THE SOUND OF SILENCE (https://youtu.be/l0q7MLPo-u8) ha la stessa melodia di PADRE NOSTRO TU CHE STAI (https://youtu.be/fM4BsE5iKt4).
      Anche l’organico molte volte è simile: la chitarra viene usata sia in ambito sacro sia in ambito profano. L’organo è, magari, uno strumento più propense alla musica sacra, ma può benissimo essere usato in composizioni profane.

      • Chiara Maria Guarrera

        L’intervento di Erica mi ha riportato alla memoria un brano che avevo ascoltato qualche mese fa mentre curiosavo su insta.
        https://youtu.be/OYYRJZAdx2w
        Il rapper in questione ha preso il “lacrimosa ” E l’ha utilizzata come base per la sua canzone.
        Non so dire se è un qualcosa di positivo o negativo ma personalmente il lacrimosa sono abituata a sentirlo in un ambito sacro e mi fa suscitare emozioni differenti rispetto a quando lo ascolto all’interno della base.
        Perciò si va a perdere l’emozione che dovrebbe suscitare posta all’interno di un luogo.
        https://youtu.be/k1-TrAvp_xs

      • Andrea Seghezzi

        Concordo, anche in origine la differenza tra musica sacra e profana era minima, infatti La musica profana era subordinata a quella sacra. Quest’ultima doveva essere scritta e tramandata, poiché le cerimonie religiose venivano ripetute. Però anche la musica sacra occupa un ruolo subordinato rispetto alla parola, cioè nel caso specifico alla preghiera.
        Tutte le musiche profane avevano un’origine liturgica. Tutto dipendeva dal senso religioso. Quindi spesso nello stesso monastero, quando giungevano i pellegrini, venivano accolti in chiesa, dove erano rifocillati e accolti con canti e balli sullo stesso ritmo su cui poi avrebbero pregato.

    • Mattia Morandi

      Vorrei provare a rispondere a Bianca dicendo che secondo me la risposta è no. La musica sacra tratta temi specifici, spesso preghiere, ma non è molto difficile ascoltarne alcuni esempi anche al di fuori di un ambiente sacro o liturgico. Io personalmente ho assistito a qualche concerto negli anni passati, e ho riconosciuto il sacro in alcuni brani. Se invece vogliamo parlare di profano in ambienti sacri la mia risposta è ni, perché vedo l’ambiente sacro dedicato solo al sacro, tranne qualche piccolissima eccezione.

    • Io personalmente ritengo che questa sia un domanda alla quale non sia così semplice dare una risposta definitiva proprio perché è una questione che presenta delle considerazioni soggettive e quindi diverse per chiunque. Io personalmente credo che ogni persona, in base alle sue esperienze (e perché no, in base anche al suo credo) possa associare o meno un certo tipo di musica all’ambito sacro. Come detto da Mattia anche a me è capitato di ascoltare musica sacra in un contesto profano e viceversa, e come già spiegato da lui, credo che la musica sacra sia più facilmente “adattabile” ad un luogo profano rispetto alla situazione contraria, poiché un ambiente sacro ha delle regole (che in parte lo caratterizzano) alle quali la musica profana (soprattutto se contiene un testo), nella maggior parte dei casi, rischia di “andare contro”.

    • Rispondendo alla domanda di Bianca, io non ritengo necessario distinguere musica sacra e musica profana in modo cosi netto. Ho avuto modo diverse volte di ascoltare musica leggera che contenesse espliciti riferimenti al genere sacro e trovo scorretto pensare che brani di impianto sacro possano essere ascoltati e riprodotti solo in luoghi appositi, come le chiese. Sicuramente, però, troverei piuttosto strano e inusuale sentire brani che trattano di argomenti profani all’interno di questi luoghi. Sempre rispondendo a Bianca mi ha colpito molto la parola che lei ha utilizzato nella sua domanda, fluidità. A questo proposito volevo proporre la citazione di una cantante dei giorni d’oggi, Madame, che afferma «La fluidità è il bello della mia generazione. Non solo nella musica. Anche nel genere: uomo, donna o fluido, chiunque può essere ciò che vuole. È una filosofia di vita.».

    • brayan panneerselvam

      vorrei provare a rispondere alla domanda di Bianca. Sono sicuro che ci potrà essere qualcuno che mi potrà contraddire però secondo me ognuno ha una risposta molto personale. secondo me è giusto differenziare musica sacra e profana anche nella società in cui viviamo. la chiesa è un ambiente religioso e sacro e secondo al suo interno ci deve essere un certo tipo di rispetto e non possono essere suonati brani profani; l’unico e vorrei sottolineare UNICO momento dove Secondo me può essere suonato qualcosa di profano in chiesa è magari dopo la fine della messa, tipo dopo un regina cieli mi posso permettere di inserire tutti i registri e di suonare un pezzo di brano profano ma rispettando sempre il luogo sacro. la musica sacra, invece, è molto rara ascoltarla fuori da un ambito sacro perchè tratta temi di chiesa e spesso preghiere e secondo me non è affatto rispettoso quindi non dovrebbe essere suonata al di fuori dell’ambito sacro anche se è adattabile.

    • L’argomento è complesso e delicato, secondo me al giorno d’oggi non è più così necessario differenziare la musica sacra da quella profana perché la società di oggi è in divenire, in un cambiamento continuo. Musica sacra e profana si possono intrecciare, ad esempio non è strano ma non così inusuale ascoltare durante una liturgia una canzone profana.
      Questo mi rimanda al tema della società liquida del sociologo Bauman e voglio riprendere da lui una citazione che secondo me racchiude un po’ la mia idea “ La modernità è la convinzione che il cambiamento è l’unica cosa permanente e che l’incertezza è l’unica certezza.

    • Chigioni Samuel Alex

      A parer mio, un minimo di differenze tra i due ci deve essere.
      Si, siamo in un’epoca totalmente differente da anche solo 100 anni fa, per fare un esempio.
      Ci siamo evoluti tanto, e anche la musica in se stessa ha subito una grande evoluzione, ma ritengo che sia ancora oggi importante differenziare, almeno in alcuni ambiti e situazioni, il sacro e il profano, se no lasciamo che tutta quella storia e tutti quegli anni importanti e tutti quei passi fatti vadano a mischiarsi con qualcos’altro?
      E’ anche bello dedicare alla musica la propria località, il proprio ambito, e le proprie caratteristiche.
      Poi si, non per forza devono essere due linee parallele, e come hai detto tu “una musica può essere considerata sacra per un culto, senza esserlo per un altro, allo stesso tempo una musica che noi consideriamo profana può essere considerata spirituale per un’altra religione”.

      • Chiara Maria Guarrera

        Sono assolutamente d’accordo con Samuel.
        Penso che ogni cosa abbia un proprio luogo.
        Perché la musica sacra non serve a far divertire le persone perché si stanno annoiando o devono semplicemente passare una bella giornata ma a farle riflettere sulla propria fede e accompagnare la preghiera e qui aprirei una piccola parentesi su appunto il discorso di dover cantare cose semplici e alla portata di tutti in modo da creare una coralità che a mio avviso deve essere il punto centrale del momento dedicato al canto.
        La musica profana invece ha il compito di intrattenere o comunque suscitare emozioni all’ascoltatore.

    • La risposta alla domanda di Bianca non è semplice.
      Ormai sono tanti i casi in cui la musica sacra viene cantata in ambito profano e viceversa(sempre secondo un certo criterio e con buonsenso).
      Mi è capitato più volte di cantare o ascoltare la musica sacra in un ambito profano senza però mancare di rispetto ad essa.
      Per far comprendere al meglio questo concetto mi viene in mente un esempio: i matrimoni.
      Ho sentito spesso, a un matrimonio in Chiesa, cantare una canzone non sacra ma con un significato particolare per gli sposi.
      Spesso le canzoni con testi sacri vengono utilizzate in abito profano e può accadere anche l’opposto.
      Ho trovato l’esempio di una suite divisa in 4 brani di John Coltrane con un significato sacro( la testimonianza di un amore sconfinato verso Dio) che però viene riprodotto soprattutto in ambito profano.
      (https://www.youtube.com/watch?v=ll3CMgiUPuU)

  3. noi esseri umani suddividiamo tutto in categorie e sottocategorie, concentrandoci sempre di più sul trovare differenze e analizzare ogni aspetto della nostra vita, ciò ci illude di avere una maggior consapevolezza delle cose che ci circondano e di noi. Io quest’oggi, vorrei soffermarmi sui punti in comune e tentare di dimostrare, attraverso degli esempi, che il sacro e il profano non sono, o almeno non sono sempre stati, così differenti
    Un esempio di musica profana sono le “Carmina Burana, la cui melodia è spesso riconducibile al CANTO GREGORIANO ovvero il “canto proprio della liturgia romana”.
    Ovviamente il tema trattato dalla musica sacra e quella profana è differente, una solitamente riprende le sacre scritture, mentre l’altra tratta di argomenti frivoli o di argomento satirico/politico, di intrattenimento o comunque non religiosi. Bach aveva ben compreso questa differenza, e con la tecnica del parodiare (CAMBIARE SOLO IL TESTO), riutilizzava la musica che aveva scritto per un determinato ambito, ad esempio per la chiesa, in tutt’altro contesto.
    Vorrei concludere con un esempio più attuale e moderno, ovvero quello offerto da Samuel nel suo commento come prova che ancora oggi parte della musica profana possa essere riprodotta anche in un contesto sacro.

  4. Sfatiamo il mito che musica classica è bella e musica moderna no. Ci sono e ci saranno sempre brani con un alto livello tecnico e altri con un livello basso o minimo, e ci saranno brani che esprimono emozioni e sensazioni.
    Se un brano non ha una tecnica eccellente, ma trasmette emozioni lo preferisco rispetto a un brano tecnicamente avanzato, ma che sotto sotto non trasmette nulla.
    Gli, come citato sopra, influencer, che secondo me non coincide sempre con il musicista moderno, rappresenta una società che sta cambiando e grazie ai testi delle loro canzoni danno voce a chiunque. Nella musica di oggi ci rispecchiamo tutti e magari è povera tecnicamente, ma trasmette un mondo. La comunicabilità nel, cosiddetto, genere profano è un punto veramente importante.

    • Mi trovo pienamente d’accordo con Erica. Anche io penso che non sia giusto attribuire l’aggettivo di “bella” o “di buon gusto” solo alla musica classica. Sicuramente la musica classica col passare degli anni è stata sottovalutata ma in qualsiasi caso rimangono persone, principalmente musicisti che studiano questo tipo di musica, che continuano a ribadire la superiorità della musica classica rispetto a quella moderna. Io penso che nessuno dei due generi sia da definire “superiore” all’altro. Sono d’accordo con Erica anche sul fatto che non è detto che se un brano sia più facile da eseguire, sia automaticamente più brutto. Ci sono brani che, anche se caratterizzati da un livello tecnico molto basso, suscitano in alcune persone delle bellissime sensazioni e delle forti emozioni. Prendiamo ad esempio le composizioni di Ludovico Einaudi e Yiruma, che a parer mio, seppur non siano di grandissima difficoltà tecnica, sono molto belli e commoventi.
      https://www.youtube.com/watch?v=imGaOIm5HOk
      https://www.youtube.com/watch?v=_VONMkKkdf4

    • Sono pienamente d’accordo sia con Erica che con Alessandra.
      Noi esseri umani del ventunesimo secolo siamo la dimostrazione che la perfezione perderebbe alla grande in un duello contro l’emozione. La perfezione è sicuramente di forte attrazione, ma sapete qual è la vera attrazione? Quella cosa che ci attira come le calamite? Inevitabilmente l’emozione.
      La tecnica è importante, ma principalmente come supporto per la trasmissione di un sentimento. La tecnica spiana la strada per fare qualunque cosa, ma non si potrebbe esprimere singolarmente.
      In passato, si prediligevano composizioni semplici e comode dal punto di vista ritmico e tecnico in modo da essere accessibili a tutti e favorire così la collettività, coinvolgere la gente.
      Questo aspetto caratterizza anche la musica moderna attuale! Ci avete mai fatto caso che molte canzoni sono costruite e girano intorno a pochi accordi?
      Un esempio è “la musica non c’è” di Coez ( https://youtu.be/_TXL8zPMoD4 ): è costruita sugli accordi di la minore, sol maggiore, fa maggiore, e do maggiore, i quali si ripetono durante tutta la canzone, rappresentando la base su cui canta il cantante. Ergo, la musica è di una semplicità estrema, ma questi pochi accordi abbinati alla voce del cantante(adattissima al genere musicale di appartenenza),alla melodia che canta(anch’essa molto semplice e orecchiabile), e al testo, realizzano un prodotto piacevole all’ascolto ed emozionante.
      Come dice Erica, almeno la maggior parte delle persone si rispecchiano nella musica attuale: questo perchè la musica si adatta all’epoca in cui viene realizzata, ai suoi ideali politici, alle gioie e ai dolori comuni, al suo stile, e alla sua atmosfera.
      Ad oggi, di fronte alla tecnica si rimane quasi impassibili, perchè le persone sentono il bisogno di essere scosse da un’emozione, di potersi ritrovare in una canzone, di sentirsi rappresentate in qualche modo. E questo, la musica attuale lo fa, soprattutto la musica prediletta dai giovani: il genere indie, il rap, il pop…
      Spessissimo ascoltando una canzone, sento che è come se stesse parlando di me, e così mi entra nel cuore, mi sento coinvolta in qualcosa, mi sento compresa; ed è come se la musica desse voce ai miei pensieri, ai miei tormenti, e alle mie gioie. Tutto questo grazie a poche note ed un testo scritto da chi voleva mettere a nudo una parte di sè o una sua emozione.
      Potrei fare altri mille esempi del genere, come “Perfect” di Ed Sheeran( https://youtu.be/UDDMYw_IZnE ) che si basa su pochi accordi, “Two ghosts” di Harry Syles ( https://youtu.be/IVxoozuLlIo ) con musica e ritmo semplicissimi, “Stanza singola” di Franco126 ( https://youtu.be/XOjAAew6Okw ) che ha una melodia semplice con un accompagnamento altrettanto semplice, “Giusy” di Ultimo ( https://youtu.be/hAemDovxVb8 ) con una melodia semplice ed un accompagnamento al pianoforte che lo è altrettanto, etc…
      Detto questo, io mi sono soffermata su quella musica spesso criticata dai classicisti, ma ovviamente anche la musica classica può esprimersi con semplicità.
      Alcuni esempi: il canone di Pachelbel ( https://youtu.be/NlprozGcs80 ) , il minuetto di Bach in do minore ( https://youtu.be/JActE7X3TGw ), “Old french song” per violoncello di P.I Csajkovszkij ( https://youtu.be/yodpsCzQzm8 ), etc…

      • La semplicità delle musiche antiche sacre, che è andata perdendosi, la ritroviamo continuamente nella musica profana di oggi come detto da Sofia.
        Abbiamo detto quanto la semplicità possa essere fondamentale per il coinvolgimento e la coralità. Allo stesso tempo mi è capitato di ascoltare, anche se molto raramente, canti antichi che sono stati recentemente introdotti nella liturgia, come ad esempio il Kyrie eleison (https://youtu.be/8ftsFsScFbM). Questi canti si discostano notevolmente dai canti sacri moderni (che abbiamo detto essere “tecnicamente” complicati), ma allo stesso tempo quando mi sono trovata a cantare questo kyrie eleison devo ammettere di essermi trovata in difficoltà, poiché essendo stata abituata (principalmente da bambina) ad ascoltare e cantare canti molto ripetitivi melodicamente e ritmicamente, questo ritorno improvviso alla semplicità che prevede la memorizzazione di un melisma semplice a livello vocale mi è sembrato quasi più complicato dei canti sacri odierni. Quindi possiamo dire che la semplicità di una musica dipende anche dalla memorizzazione della stessa che varia per ogni persona.

  5. In questo periodo le celebrazioni liturgiche sono sempre state accompagnate da intermezzi vocali, e quasi sempre accompagnati da uno strumento (generalmente l’organo, ma è possibile trovare anche la chitarra). Il problema che sorge è molto semplice, le melodie sono complesse per il clero, che è spesso formato da gente comune che non ha grandi conoscenze musicali (come riportato sopra). Molto volte mi è capitato di entra in Chiesa per partecipare ad una celebrazione liturgica e vedere come solo due o tre persone in tutta “la platea” riuscivano a cantare il testo che veniva proposto, questo perché il testo è difficile da imparare e di certo la melodia non aiuta. Per esempio, io, che vado a messa fino a quando ero bambino, NON SO IL TESTO DELLE STROFE di un brano liturgico, ma ricordo solo il RITORNELLO. Un’altra cosa molto importante che si è persa è la collettività del clero che esisteva nel passato. Essendo che i testi sono diventati più difficili e che quindi le persone non riescono più a memorizzarli, solo poche persone riescono a cantare e a seguire il testo.
    Molte volte le Chiese cercano di mettersi in mostra solo nelle occasioni dove possono riscontrare il maggior numero di fedeli, per esempio nella Chiesa della mia città si tende sempre a far partecipare un coro di musicisti professionisti solo per le grandi occasioni (come Natale, Pasqua etc.…). Così facendo però si taglia ulteriormente la collettività che si dovrebbe creare all’interno della comunità cristiana; già il testo dei “semplici” canti che si eseguono durante l’anno era di una certa difficoltà ritmica, figuriamoci cantare un brano in latino e sentirlo a più voci. Ovviamente tutto questa viene fatto per celebrare una ricorrenza importante, ma molte volte è visto solo come un motivo per farsi vedere e mettersi in mostra.
    Vorrei riportare una citazione di Gianfranco Maselli:
    “Pur essendo Palestrina, come Bach, uno di quei musicisti che chiudono definitivamente un periodo storico, la scuola romana continuerà anche nel secolo successivo a produrre musica nel suo stile”. Leggendo questa citazione mi chiedo se veramente la musica della scuola romana sia continuata ad essere la stessa anche nei secoli successivi oppure sia diventata un motivo per mettersi in mostra.

    • Bianca Beltrami

      Ringrazio Daniel per aver condiviso questo commento in cui ha raccontato anche la sua esperienza personale. Devo dire di trovarmi in accordo con ciò che è stato detto, e non solo per quanto riguarda ra comunità Cristiana Cattolica.
      La nostra società, come è stato detto anche da Samuel, si sta avvicinando ad un unione di singoli individui più che ad un gruppo, un collettivo coeso. Siamo sempre più concentrati su noi stessi e ci dimentichiamo troppo spesso di fare parte di un gruppo (in qualsiasi contesto, che sia la religione o che sia l’intera umanità).
      Detto questo vorrei condividere anche io un aspetto che ho notato in questi anni. Prima la musica veniva riprodotta su enormi apparecchi che arrivavano a volumi esorbitanti, ora non è una stranezza vedere persone camminare per strada con un paio di cuffiette nelle orecchie immerse nella loro bolla individuale e questo accade non solo con la musica profana. Ricordo perfettamente quando di domenica le funzioni liturgiche venivano riprodotte ad alto volume negli altoparlanti esterni permettendo a chiunque non riuscisse ad entrare di assistere comunque alla messa. Ora (senza tenere conto la pandemia) le porte delle chiese vengono chiuse come se al loro interno venisse svolta una funzione segreta, non c’è più incisività e collettività.
      Stessi fenomeni e atteggiamenti presenti in TUTTE E DUE GLI AMBITI SACRO e PROFANO sia per quanto riguarda la musica, sia per quanto riguarda la società.

    • Chigioni Samuel Alex

      Leggendo il tuo commento, mi sono sorti dei dubbi. Come giustamente hai detto, per te ora la difficoltà dei brani che vengono proposti durante un atto liturgico è nettamente maggiore rispetto a quella di anni e anni fa.Vero, sicuramente per una serie di eventi che si sono presentati negli anni, sono cambiate molte cose, e rispetto alle melodie, al testo, o ala parte ritmica che vi era in passato, grazie alla quale la gente era molto più facilitata nel canto, e nel partecipare attivamente ad una liturgia, ora la situazione è totalmente diversa e cambiata.I brani si, hanno acquisito elementi stilistici, ritmici,o melodici che siano, maggiormente articolati e “difficili”.Ma la difficoltà, e i brani che vengono eseguiti, variano da paese a paese, da zona a zona.

      Per esempio, mi son trovato a suonare durante delle liturgie varie, e spesso non si trova più di un brano o due massimo comune tra esse, da parrocchia a parrocchia, e si, ogni brano ha le proprie particolarità ed elementi più o meno articolati, nel vero senso della parola.Quindi ti rispondo per dirti che si, ce sicuramente una apparente maggiore difficoltà , ed è dovuta magari anche all’assenza di rime o elementi che un tempo magari, facilitavano l’assimilazione della parte.

      • Ciò che ha scritto Samuel lo condivido e vorrei aggiungere un’altra cosa. Vero che i brani suonati e cantati durante una liturgia, magari, hanno una difficoltà maggiore rispetto al “passato”, ma non dobbiamo dimenticare che, come in tutti gli ambiti, il tempo passa e credo che se la Chiesa voglia attirare a se il maggior numero di fedeli debba pensare al cambio generazionale e, grazie a questo cambiamento nei testi e nello stile, e anche nell’accompagnamento, La differenza, anche se minima, si veda (ci sono altre mille sfaccettature per capire come mai ci siano sempre meno fedeli). Forse perché, quando andavo in Chiesa da piccolina ho sempre cantato questi brani, ma a me non sembra che abbiano una difficoltà tecnica coì elevata. Io personalmente suono/canto nel coretto della mia parrocchia, con un organico formato da flauto, 3/4 chitarre e percussioni varie, e posso dire con certezza che i presenti si sentono molto più coinvolti rispetto a quando ad animare la liturgia suona solamente l’organo (questo dovuto, magari, dal livello dell’organista).
        Inoltre, si, la difficoltà ritmica potrà anche essere maggiore, ma almeno, i presenti, capiscono ciò che cantano e non vanno a memoria, come succedeva nei testi latini (estremizzando).

    • Daniel sono sia in disaccordo che in accordo con te. Ovviamente A VOLTE la difficoltà sta nel testo, tuttavia a spesso sono presenti testi molto ripetitivi con strofe corte e ritornelli lunghi o comunque la sillabazione delle parole del testo spesso coincidono con la ritmica delle note. A parer mio la maggior parte delle volte la difficoltà sta nell’estensione della melodia e sui tanti suoni, anche se spesso sono gradi congiunti. Io, per esempio, ho sempre avuto criticità più con l’intonazione che con il testo, e spesso mi sono chiesta se non sia meglio far girare il brano sempre sulle stesse 4/5 note anche per rendere la fascia di più giovani coinvolti.
      Non tutti i brani liturgici sono cosi; per esempio il canto CHIESA DI DIO ( https://www.youtube.com/watch?v=ccuEXvANhzI&ab_channel=gattopardes ) è semplice ritmicamente, si basa su 6 suoni spesso raggiunti per gradi congiunti e anche il testo è semplice. mentre il canto OSANNA AL FIGLIO DI DAVID ha salti di quarti, una ritmica relativamente varia e l’estensione di una ottava. Un ulteriore brano di chiesa che ha una ritmica varia, numerosi salti e un’estensione ampia (una nona) è CHI HA FAME (https://www.youtube.com/watch?v=EksQkW95WWc&ab_channel=pierpaulp )

    • Chiara Maria Guarrera

      Sono d’accordo con quanto scritto da Daniel qui sopra.
      Si è persa la coralità che c’era prima all’interno delle chiese.
      Nella mia parrocchia quando ci sono le cerimonie importanti viene chiamato il “coro” Che è composto da un gruppo di persone che conoscono più o meno in linguaggio musicale e si ritrovano un giorno a settimana per imparare i brani.
      Oltre ad esso è presente il solista che esegue le parti da solista all’interno dei brani. Io molte volte ho fatto caso ai partecipanti della funzione che non potevano fare altro che ascoltare e applaudire la bravura del cantante che mostra la sua dote esibendosi con virtuosismi ed è inoltre pagato profumatamente.
      Fare messa non è questo.
      Il mio pensiero di messa è un momento in cui bisogna riflettere, celebrare il signore o comunque qualsiasi cosa in cui si crede.
      È come se si togliesse l’attenzione sullo scopo principale del momento.
      Se volessi ascoltare musica per emozionarmi o comunque fare altro non andrei in chiesa.

    • Anche io, come Matilde, considero più valevoli alcuni punti della tua argomentazione e altri meno.
      Come anche lei ha detto, personalmente ritengo che all’interno dei testi corali sacri non si presenti questa grande difficoltà di memorizzazione: i brani, soprattutto alle messe a cui noi cristiani partecipiamo in settimana o alla domenica, sono quasi sempre gli stessi.
      Ritengo che, essendo ripetitivi, i brani entrano in mente facilmente: il ritornello è sempre lo stesso e a variare leggermente sono solo le strofe che lo seguono (inoltre ritengo che importante da sottolineare sia il fatto che molte musiche sacre non fanno altro che ripetere le parole della preghiera parlata come, per esempio, il “Padre Nostro” che spesso, soprattutto la domenica, viene eseguito cantato).
      Io, per esempio, ricordo che quando ero più piccola e andavo a messa la domenica, per il resto della giornata continuavo a canticchiare le canzoni che erano state eseguite quella stessa mattina.
      Al contrario di Matilde però, ritengo che non ci sia una grande difficoltà sotto al punto di vista melodico: se analizziamo i brani che facilmente tutti possono cantare, possiamo notare come, la maggior parte di essi, rimangano nei margini di un’estensione vocale media e, in caso contrario, sono facilmente cantabili ad un’ottava superiore o inferiore (da piccola ricordo che mi divertivo ad eseguire delle seconde voci sui canti, insieme a mio papà e ricordo che lui li eseguiva spesso ad un’ottava inferiore).
      Spesso, però, capita, come appunto hai sottolineato, che, specialmente nelle festività, vengano chiamati dei gruppi vocali semi professionali che eseguono brani più articolati, sia sotto al punto di vista melodico che sotto al punto di vista ritmico e testuale.
      Sicuramente non tutti sono in grado di distinguere facilmente le diverse voci che s’intrecciano in questi brani ma ritengo che, per quelle rare volte che questo accade, non si rischia di rovinare la partecipazione alla collettività dei fedeli ma, anzi, potrebbe anche essere bello sentire qualcosa di diverso e articolato ogni tanto (inoltre, spesso, capita che vengano eseguiti, anche in questo caso, brani dai testi già conosciuti e che, quindi, i fedeli riescono a seguire nel cantato come, ad esempio l’Ave Maria che presenta sempre lo stesso testo nonostante i numerosi e diversi arrangiamenti musicali).

  6. Mattia Morandi

    “La troppa familiarità con le cose sacre allontana forse da Dio. I sagrestani non entrano in Paradiso”. Forse questa citazione non è completamente incentrata sulla querelle tra musica sacra e musica profana, ma mi permette di parlare di un aspetto secondo me interessante, esterno alla musica, più vicino a quello personale. Io sono un cattolico credente, e devo ammettere che negli ultimi anni sto notando che la percentuale di cattolici credenti è in netta diminuzione. Le cause possono essere molteplici, ognuno ha la sua, ma secondo me quello che dice Flaiano non è sbagliato. Forse stiamo iniziando a essere troppo credenti, che sembra una blasfemia, e stiamo perdendo i veri valori della religione. Indirettamente questo si ripercuote anche nella musica, dove, personalmente, vedo molti meno concerti a tema completamente sacro, ma sono lieto di vedere se alcuni miei compagni mi smentiranno o mi daranno ragione.

    • Alberto Vitali

      Io credo che la principale causa della diminuzione del culto religioso sia il culto religioso stesso molte volte, che appunto come nel caso del Cristianesimo è stato per troppi secoli oppressivo nei riguardi dei suoi fedeli così che con l’avvento della laicità e della libertà di culto e di pensiero si sia iniziato a ripudiare tutti questi sensi di oppressione che per molti secoli ha caratterizzato il Cristianesimo(in questo caso), naturalmente questo ha influito negativamente anche sulla musica del ramo considerato sacro, proprio perché questo senso di chiusura e di censura verso le altre forme profane ha impedito un integrazione tra le varie forme, però è anche vero che adesso non si hanno nemmeno gli elementi culturali basilari per comprendere la grandezza ad esempio di Bach perché come ha detto Matilde, una tra le grandi abilità di Bach era quella di riutilizzare le varie composizioni da sacre in profane e viceversa cambiandone il testo, la famosa tecnica del travestimento. secondo me la risposta al problema di questa macro suddivisione e alla naturale perdita di interesse alla musica classica sta appunto nella mancata cultura generale di base del nostro paese e il fatto che si continui a pensare e a chiudersi sempre più in sé stessi non aiuta minimamente.

    • Antonio Guerini

      Non posso non essere d’accordo con Mattia, negli ultimi anni si è manifestato un sempre più crescente disinteresse e incapacità di eseguire musica sacra di alto livello all’interno degli ambienti parrocchiali, basti pensare che fino a 40 anni fa il popolo conosceva ancora molto bene le messe in gregoriano, oggi ormai non si sentono più, e si preferisce sviare verso un genere musicale che ha carattere profano a livello musicale ma sacro sul piano testuale.
      Forse è a causa della troppa ignoranza che si è arrivati a questa perdita dei valori tradizionali e della musica che li rappresenta? Può darsi che lo scarso interesse nella musica sacra si sia perso perché si è persa la facoltà di comprenderla.

      • Chiara Maria Guarrera

        Vorrei risponderti facendo presente che la società si evolve e così deve essere anche con la religione.
        Ogni cosa sulla Terra si deve evolvere per sopravvivere oppure può lasciare posto a qualcosa di più “forte”
        Quindi non sono d’accordo con te sul fatto che bisogna ritornare a cantare le messe in gregoriano o addirittura in latino che nessuno, tranne quelli studiati, conosce.
        Non sto assolutamente svalutando l’immenso valore che la musica sacra del passato ha e avrà nel corso dei secoli, sto solo dicendo che cambiando i “gusti musicali ” Che ha il popolo cambi anche lo stile di scrittura delle parti, a confermare ciò sono i vari stili delle diverse epoche.
        Torno a ribadire come gia detto in qualche commento prima che ogni cosa ha il proprio luogo e aggiungerei tempo.
        Qui ora vorrei aggiungere una canzone che ogni volta che ascolto a messa mi fa battere il cuore e vorrei che lo facesse battere pure a te pur essendo musica che deriva dalla perdita dei valori tradizionali .
        https://m.youtube.com/watch?v=mibPNmKOA1c

        • Giorgia Tombini

          Vero, sono d’accordo con te. Come hai detto la società è in continuo cambiamento così come le stesse esigenze umane. Ogni forma d’arte trova spiegazione nel periodo della storia in cui si colloca, che non è mai simile a quello precedente o a quello successivo ma che invece certe volte è addirittura l’opposto.
          Evolvendosi l’umanità ha bisogno di cose diverse, e nel periodo in cui stiamo vivendo tutt’ora le richieste sono ben cambiate rispetto agli anni già trascorsi. Basti pensare a come le cose siano mutate profondamente dall’inizio del 2000 ad oggi.
          Quindi anche la musica ha bisogno di trasformarsi e di adattarsi ad ogni contesto e ad ogni periodo.
          Anche se in realtà provo un po’ di nostalgia per la musica degli anni Novanta, che personalmente prediligo, trovo che anche le forme musicali odierne abbiano un loro perché che rispetta il periodo in cui ci troviamo. E’ cambiato il modo di fare musica e sono nati nuovi generi, il “trap” o “l’indie” che in un contesto più antico avrebbero “stonato”.
          “ogni cosa al suo posto e un posto per ogni cosa” – Benjamin Franklin

  7. Corinne Mazzucotelli

    “c’è un posto per ogni cosa e una cosa per ogni posto”
    Mi sembra doveroso iniziare con una riflessione su questa affermazione (che condivido): io credo che ogni cosa: un vestito, un oggetto, una musica debba essere adattata al contesto, non dovrebbe risultare fuori luogo. Nel caso della musica, per evitare che una composizione risulti inadatta, non si dovrebbe, a parer mio, perdere di vista il contenuto, il destinatario, il motivo per il quale si sta scrivendo.
    Il concetto dell’intercambiabilità tra sacro e profano non deve essere estremizzato, come è scritto nell’articolo già i compositori all’epoca riadattavano le composizioni in base alle proprie esigenze e secondo me questo è già sbagliato. Mi rendo conto che, come è stato detto, le musiche da camera e da chiesa differissero per pochi elementi e di conseguenza la tentazione di “trovare una scorciatoia” era una possibilità allettante ma a questo punto che senso avrebbe avuto distinguere le due tipologie?
    “Camera “ e “Chiesa” sono due termini differenti, il che, dovrebbe già essere un indicatore importante.
    Lasciando per un attimo ciò che è successo nel passato, volgiamo per un attimo lo sguardo ai giorni nostri.
    Si sperimenta molto, si creano musiche poco udibili per il gusto di “provare” ed è giusto, ma dovrebbe essere fatto entro certi limiti. Se vengo chiamata per realizzare una composizione sacra per esempio, nessuno mi vieta di osare, ma non devo perdere di vista il contesto e il contenuto
    Nel caso della musica, ma non solo, si dovrebbero fare delle distinzioni e, a questo proposito mi collego alla domanda di Bianca. Io penso che sia corretto parlare ancora oggi di musica sacra e profana perché per quanto possano essere intercambiabili ed avere elementi molto simili tra loro, di base non lo sono.
    Il suo ragionamento non fa una piega, per me un brano può essere sacro perché viene cantato durante la Messa ed allo stesso tempo, una persona con un altro culto può vederlo diversamente. Io penso però che se al giorno d’oggi si parla tanto di “mente aperta ecc” non dovrebbe risultare difficile comprendere che non posso classificare un brano come non-sacro solo perché non appartiene al mio culto
    Come ha scritto Mattia, non è difficile trovare esempi di musica sacra al di fuori di un ambiente liturgico, ma pur sempre sacra rimane, il mondo cambia, è normale che una musica venga esportata ma questo non deve farci dimenticare i suoi caratteri e il suo contenuto.

  8. Sacro e profano hanno sempre rappresentato uno dei più grandi divari tra i musicisti, i quali si sono sempre schierati da un lato o dall’altro ad eccezione di pochi (es: Bach) che hanno saputo operare in entrambi i generi.
    Inevitabilmente, come detto da Samuel, lo stile sacro ha dovuto adattarsi a nuove esigenze più distanti dall’idea di coralità e avvicinandosi ad un nuovo stile musicale dove sono ammesse molte alternative.
    Anche io come Corinne penso che la musica possa essere riadattata, ma ciò debba essere fatto entro certi limiti. Mi è capitato di suonare musica sacra con le caratteristiche citate nell’articolo: una ritmica ripetitiva, ma inefficace, la melodia molto spesso sincopata e quasi mai memorizzata dall’assemblea, l’armonia (che dovrebbe favorire l’insieme) è quasi sempre “trascurata” per lasciare spazio alla novità creativa (principalmente in ambito strumentale) che si rivela molto spesso INGOMBRANTE in tutto il contesto. Non penso che non ci si debba permettere di introdurre delle novità, ma come ho già ribadito questa cosa deve essere fatta prestando attenzione al contesto e tenendo in considerazione anche l’effettiva efficacia di questi interventi, che devono saper coinvolgere le persone creando una compattezza dell’insieme.

    • Mattia Morandi

      Rispondo ad Elena affermando la sua stessa tesi: credo che ai nostri giorni la musica sacra è molto ripetitiva, con motivo che vengono memorizzati dai fedeli solo grazie alla ripetizione, non perché vengono colpiti dal suo andamento. A me è capitato poche volte di suonare musica sacra, ma in particolare ricordo una volta in cui ho suonato nella chiesa del mio paese. L’acustica era suggestiva, il clima molto intimo, ma le caratteristiche di ciò che abbiamo suonato mi hanno fatto storcere un pò il naso. Resta comunque un’esperienza molto interessante

      • Federica Medda

        Sono pienamente d’accordo sia con Elena che con Mattia. Penso che la musica sacra ai giorni nostri si sia lasciata molto andare utilizzando motivi semplicissimi che si, sono utili perchè si memorizzano velocemente ma allo stesso tempo molto banali e scarsi nella forma, cosa che in passato non succedeva. Personalmente ho avuto poca esperienza con l’esecuzioni di brani sacri ma ascoltandoli sono arrivata a questa conclusione.

      • Andrea Seghezzi

        Verissimo, la musica sacra è molto semplice e alcune volte ripetitiva, queste caratteristiche erano già presenti molto tempo fa, infatti nell’antichità i testi non venivano scritti ma tramandati oralmente quindi bisognava utilizzare parole accessibili, ripetizioni, linee melodiche semplici,… in modo che i fedeli memorizzassero il testo velocemente. A me è capitato diverse volte di suonare musica sacra, sia come solista sia in orchestra, gli spartiti era molto semplici ed essenziali, ma sfruttando l’acustica della chiesa che con il riverbero che amalgamava tra loro i suoni prodotti dagli strumenti e le voci del coro, anche un brano così sobrio colpisce particolarmente l’ascoltatore.

  9. Bianca Beltrami

    Vorrei sollevare un’altro argomento che riguarda SACRO-PROFANO collegati, però, con J. S. BACH. Ciò che separa il sacro dal profano nella musica di J.S.Bach è veramente impercettibile. Nonostante il termine profano richiama un valore negativo, con Bach non è così. Infatti, per Bach la musica rappresentava un valore assoluto esente da qualunque etichetta, questo nonostante la sua fede protestante, per la quale la musica assume un significato molto elevato.

    “La musica è un po’ come una disciplina che rende gli uomini più pazienti e più dolci, più modesti e più ragionevoli. Chi la disprezza, come fanno tutti i fanatici, non può concordare su questo punto. Essa è un dono di Dio e non degli uomini; essa scaccia il maligno e rende felici. Grazie alla musica si dimentica la collera e tutti i vizi. Perciò, e sono pienamente convinto di ciò che dico e non ho alcun timore di dirlo, dal punto di vista teologico nessun’arte può stare alla pari della musica.” (MARTIN LUTERO)
    Questa citazione dello stesso Lutero afferma, quindi, che tutta la musica è degna nel suo insieme, senza distinzioni di forma. Lutero nel comporre gli Inni ad uso liturgico non esitò ad usare melodie popolari, in quanto queste erano ben conosciute dai fedeli come “Aus tiefer Not schrei ich zu dir” “Dal profondo dell’abisso grido a te” (https://www.youtube.com/watch?v=Hdtl7xeNK6o) . Il vero problema, per Lutero, non era quindi la musica ma i testi, che dovevano essere consoni al contesto. Come anche per Bach, quindi, musica “ad Soli Deo Gloria” (sigla usata da Bach per firmare le sue composizioni, sia sacre sia profane). Bach riuscirà, inoltre a mantenere, anche nella musica più “alla moda” un rispetto nei confronti della musica in tutte le sue forme, anche grazie alla PARODIA che gli permetteva di periodare sacro in sacro, profano in profano ma anche sacro in profano e profano in sacro. Come per la Cantata profana n. 214 “Tönet, ihr Pauken!” che è stata usata per i cori di apertura della prima e della terza parte dell’Oratono di Natale. (https://www.youtube.com/watch?v=hASwusETOF8) (https://www.youtube.com/watch?v=vCANdMF1BU0)

    • Sono molto d’accordo con quello detto da Bianca, sicuramente Bach è un ottimo esempio di intercambiabilità tra sacro e profano nel periodo barocco. Il concetto di parodia però direi che è già stato spiegato a sufficienza e grazie ai commenti sia di Erica che di Chiara possiamo vedere come questa cosa accade anche oggi. Volevo invece soffermarmi su un altro aspetto dell’intercambiabilità tra sacro e profano. Facendo un po’ di ricerche mi sono imbattuta nella nona aria della cantata di Bach “Was mir behagt, ist nur die muntre Jagd!” BWV 208( https://www.youtube.com/watch?v=zsImTdU49I8 ). Il testo di quest’aria tradotto in Italiano dice: Le pecore possono pascolare sicure, quando un buon pastore vigila; quando i Signori governano bene, si prova tranquillità e pace ed è questo che rende i paesi felici”. Questo testo secondo me può avere sia una connotazione sacra che profana, il pastore può essere visto sia come normale pastore che porta le pecore al pascolo, ma può essere anche intravista la parafrasi biblica del buon pastore. Questa sensazione potrebbe essere amplificata se la cantata venisse accompagnata da un organo e non da un flauto e dagli archi come nel caso del link che ho inserito. Questo ci mostra che alcune volte non c’era nemmeno bisogno di cambiare il testo per passare da un contesto sacro a un contesto profano.

    • brayan panneerselvam

      sono molto d’accordo con te su quello che hai detto. Bach usa ampiamente la parodia (termine spiegato già dai miei compagni). un esempio di intercambiabilità tra sacro e profano può essere la cantata sacra BWV 173 “Erhontes Fleisch und Blut, ricavata completamente dalla serenata “Durchlauchster Leopold”, dove la musica rimane la stessa ed il testo viene riadattato.
      anche se non sono un amante di questo genere, questa cantata mi ha colpito molto soprattutto per la voce limpida della cantante e quindi ho voluto approfondirla e ho deciso di condividerlo con tutti i miei compagni.

  10. Ludovica Bettinelli

    L’articolo fornisce indubbiamente spunti di riflessione importanti; Bianca ha giustamente riportato le distinzioni che si possono elaborare all’interno dell’ambito stesso della musica sacra, altri come Elena, Corinne o Samuel hanno parlato di “adattabilità/intercambiabilità”: in una società che è in continuo “divenire”,per impiegare termini filosofici, anche la musica, come ogni ambito del sapere, è chiamata a rispondere a nuove esigenze…ma cosa ne è invece della DIDATTICA?
    LA MUSICA SACRA/PROFANA NON ASSUME FORSE UN RUOLO IMPORTANTE ALL’INTERNO DI QUESTO AMBITO? La risposta è sì e a fornircela è la storia. Consideriamo per esempio l’arco temporale raccolto sotto l’etichetta di “MEDIOEVO”; qui la musica è strettamente a quell’afflato spirituale che anima il periodo: nasce e si sviluppa per le funzioni religiose e con essa scandisce il tempo della vita del clero e dei fedeli. I primi tentativi di approccio didattico alla musica sacra si hanno con Papa Gregorio Magno che fonda la schola cantorum romanica, cioè l’insieme dei cantori della cappella papale, e riorganizza il vasto e ricco repertorio dei canti gregoriani.
    A rappresentare una svolta sul campo sarà il monaco benedettino Guido d’Arezzo; egli elabora un vero e proprio strumento didattico, la “mano guidoniana”, che si prefiggeva lo scopo di facilitare gli scolari nella lettura e nell’intonazione delle note musicali
    (per approfondimenti:http://www.musicalfabeto.it/guidodarezzo.htm).
    Ma seguiamo le vicende storiche e giungiamo al Rinascimento (XV-XVI sec.) dove assistiamo alla nascita della Riforma Protestante e all’affermazione di tre diverse SCUOLE: ROMANA, VENEZIANA E FIAMMINGA (per approfondimenti :https://youtu.be/dNtnZ0YsZn). Ciò che vorrei mettere in luce è il contributo che la tecnica del contrappunto vocale tipica dell’epoca ha lasciato alla didattica del nostro tempo. Pensiamo ad O. di Lasso, chi di noi, studenti del Liceo Musicale, non si è mai trovato a dover trascrivere suoi pezzi o addirittura tentare un timido approccio alla scrittura del contrappunto imitato proprio studiando questo autore? Beh, direi che tutti ne abbiamo fatto e ne stiamo facendo tutt’ora esperienza.
    Ma se fin’ora mi sono concentrata sulla musica sacra, lo stesso discorso possiamo applicare alla musica profana: siamo nel ‘900 quando Bartòk e Kodaly, grandi etnomusicolgi e dunque studiosi di musiche popolari, servendosi di alcune metodologie sviluppate a partire dal prima citato Guido d’Arezzo elaborano propri ausili didattici:
    -Chironomia. I gesti concretizzano nello spazio il nome delle note
    -Solmisazione. Indica la pratica, assai remota, di designare i gradi di una scala musicale mediante sillabe.
    -Il pentatonismo: le scale pentatoniche, cioè prive dei semitoni della scala, sono molto indicate nelle fasi iniziali dell’educazione musicale, poiché permettono un allenamento dell’orecchio più semplice, una più facile intonazione.

    Questi erano dunque gli aspetti fondamentali di una questione a parer mio assai importante e vorrei concludere con una citazione de Bartòk, che propone un’idea di musica e in generale di arte come un’evoluzione, non una rivoluzione. Un concetto che secondo me molto si addice alla tematica della didattica appena affrontata: in un ambito in cui i contenuti restano gli stessi e il pubblico a cui si rivolgono cambia, sta al bravo didatta saper aggiornare, non rivoluzionare, il proprio metodo.

    „Nell’arte esistono solo sviluppi, veloci o lenti che siano. In sostanza è tutta una questione di evoluzione, non di rivoluzione.“

    • A proposito di Bartok, volevo aggiungere qualcosa.
      Credo che Bartok si identifichi moltissimo con il concetto di collettività di cui parla l’articolo, e questo lo dimostrano ad esempio le sue danze rumene, danze popolari, conosciute, viste per essere ballate.
      Io sto preparando la prima di queste danze per la certificazione di pianoforte, e devo ammettere che, dal punto di vista tecnico, ritmico, e melodico, non è troppo complicata.
      Ciò che mi dice sempre la prof quando la suono è di tirare fuori il suono, e di ricordarmi che è una danza, che si ballava, che tutti conoscevano, ma soprattutto che si poteva e si può suonare senza difficoltà(infatti ne sono state fatte anche molte versioni con altri strumenti oltre al pianoforte), e che coinvolgeva tutti.
      Danze rumene di Bartok by Oistrakh: https://youtu.be/QmHRaBrE6KQ
      Danze rumene di Bartok al piano: https://youtu.be/wM_VPZII2RU
      Danze rumene di Bartok per piccola orchestra: https://youtu.be/jQ_tJvyznvo

  11. Penso che la musica non sia più legata ad un luogo preciso come in passato, prima la musica sacra veniva eseguita in chiesa per i fedeli e la musica profana veniva eseguita per diletto e piacere dei grandi signori. Oggi penso che non ci sia più questa rigidità riguardo ai luoghi in cui una determinata tipologia di musica viene eseguita. Parlando di esperienze personali mi è capitato diverse volte di eseguire brani di musica sacra non per forza all’interno di una chiesa ma magari all’interno di una villa o comunque all’interno di sale che non fossero chiese. E viceversa a volte mi è capitato di eseguire un repertorio profano all’interno di una chiesa.

    • Concordo pienamente con ciò che ha detto Ceci, tant’è che una volta mi capitò di eseguire con il coro maschile (diretto dal professore Alcaras) nella chiesa di Sant Alessandro in Bergamo, il brano “Der jäger Abschied “Wer hat dich, du schöner Wald”, Op. 50 No. 2″. Questo brano è tanto profano quanto sacro, perché il testo parla di un boscaiolo/ un cacciatore che ringrazia il proprio dio per la foresta che ha creato sulla montagna, sperando in una caccia proficua. Qui di seguito bi lascio il link per un ascolto
      https://youtu.be/gIts6xOny2Y

    • Concordo con quanto detto da Cecilia. Un tempo ogni genere musicale veniva eseguito in un luogo o ambito preciso, mentre oggi non si è più così rigidi riguardo questo aspetto. Mi è capitato diverse volte, infatti, di suonare o assistere a concerti in luoghi sacri dove però la musica eseguita non era sacra ma profana, oppure suonare musica sacra in luoghi profani. Entrambe sono state delle esperienze particolari perché suonare un brano profano in un ambiente sacro (o viceversa) non è sempre facile in quando ad un contesto ne devi adattare un altro molto diverso. Da queste esperienze, però, ho capito che due contesti diversi possono comunque dimostrare di riuscire a convivere senza problemi.

    • Sono molto d’accordo con quello che hai detto. Ormai grazie alla tecnologia che abbiamo in questo secolo, possiamo ascoltare ogni tipo di genere in qualsiasi situazione. Non è raro vedere delle persone lungo la strada con degli auricolari, oppure, entrando in macchina, accendere la radio e sentire ogni tipo di genere. Come diceva Ludovica, la musica è in continuo divenire, e questo cambiamento ci ha portati ad oggi, dove la gente non conosce quasi più la differenza che intercorre tra musica Sacra e profana. Come ho già affermato in altri commenti e poi ripreso da altri miei compagni (ad esempio Samuel), hai giorni nostri questa intercambiabilità tra diversi generi musicali è diventata nella norma; tu stessa hai detto che hai suonato repertori profani in ambito sacro e viceversa. Vorrei però continuare a precisare che, secondo me, questa intercambiabilità deve essere “dosata” per mantenere la credibilità del contesto.

    • Beatrice Roncelli

      Concordo con Cecilia, anche a me è capitato molto spesso di suonare dei repertori profani all’interno di luoghi sacri e repertori sacri al di fuori dal loro contesto. Penso anche io che ormai la musica non sia più legata ad un luogo preciso e che la frase “c’è un posto per ogni cosa e una cosa per ogni posto” nella musica non sia più così valida come lo era un tempo.

    • Giacomo Bagini

      Sono d’accordo sul fatto che l’intercambiabilità tra il repertorio sacro e profano al giorno d’oggi sia favorita dai nuovi strumenti mediatici, ma la citazione “c’è un posto per ogni cosa e una cosa per ogni posto” secondo me ha un senso che va al di là della possibilità fisica o della pertinenza di uno scambio tra i due filoni. La funzione di una messa è quella di raccogliere i fedeli in preghiera, al fine di avvicinarsi a Dio come una collettività, e questo va necessariamente fatto utilizzando il linguaggio di Dio. Sicuramente un brano profano riadattato e poi eseguito durante una funzione liturgica può suscitare maggiori emozioni nell’animo dei fedeli, ma perde secondo me il vero senso dell’eseguire un brano all’interno della chiesa.

  12. Antonio Guerini

    In merito alla differenza alla musica profana e alla musica sacra ritengo che oggi si è perso il vero significato della musica sacra, poiché essa è concepita come modo di elevare ed omaggiare la figura di Dio e va eseguita in determinati contesti, tuttavia negli ultimi tempi vi è sempre meno differenza su ciò che è consentito eseguire in un ambiente liturgico e profano, specialmente nei matrimoni, nei quali molto spesso vengono eseguite colonne sonore di film hollywoodiani che non hanno niente a che vedere con l’atmosfera sacra, quindi negli ultimi tempi si da più credito a ciò che è più bello e orecchiabile piuttosto che a ciò che è adatto in un determinato contesto

    • Corinne Mazzucotelli

      Quanto affermato da Antonio è sicuramente vero, ricordo infatti che ad un matrimonio al quale partecipai qualche anno fa venne suonata una canzone di Ed Sheeran.
      Io però non penso che si sia perso il vero significato della musica sacra, ciò che succede (ovvero il fatto di suonare determinate musiche in ambienti sbagliati) non implica una perdita di valore.
      Una musica sacra secondo me può essere eseguita in un ambiente che non sia la Chiesa (o altro ambiente sacro)a patto che non si perda di vista il significato e lo scopo di tale musica. Questo è come se fosse uno specchio della società: rispetto al passato c’è meno rigore, di conseguenza la musica viene “esportata”, c’è più comunicazione, ma come dicevo lo si può fare senza per forza far perdere di significato.
      Se dovessimo per forza attenerci al “la musica sacra può essere eseguita solo in ambienti sacri”, a questo punto le messe o le preghiere all’aperto non sarebbero ammesse. sicuramente il contesto è sacro, ma l’ambiente no, allora questo è sbagliato?
      a me è capitato diverse volte di partecipare ad una Messa in un ambiente aperto e neanche vicino alla Chiesa. Per fare un esempio: durante l’Estate, ogni tanto nel mio paesino vengono organizzate delle Messe in determinati punti del Paese (nei piccoli centri storici o nelle vie) nemmeno vicini alla Chiesa.
      «La musica sacra come parte integrante della liturgia solenne, ne partecipa il fine generale, che è la gloria di Dio e la santificazione ed edificazione dei fedeli» (Pio X, Inter pastoralis, n. 1).
      Penso che questa citazione possa confermare quanto detto: la musica sacra si pone come obiettivo la gloria di Dio e la santificazione ed edificazione dei fedeli. Tutto ciò lo si può raggiungere anche in un ambiente diverso dalla Chiesa, l’importante è non perdere di vista questi obiettivi, il significato della musica e il motivo che ci spinge ad essere presenti.
      Riporto parte di un articolo, a parer mio significativo (RIGUARDA LO SVOLGIMENTO DELLE MESSE NEL PERIODO COVID):
      PRESENTAZIONE: “Poche le chiese con il “tutto esaurito”. Numerose le celebrazioni all’aperto. La paura del virus frena le presenze. Il cardinale Bassetti: la Chiesa non può essere senza popolo”
      CONTENUTO: Per attenuare il problema della carenza di posti sono stati molti i sacerdoti che hanno scelto di celebrare all’aperto: nei campi sportivi della parrocchia o dell’oratorio oppure in qualche giardino pubblico o in piazza. Com’è accaduto al presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti, che domenica mattina ha celebrato l’Eucaristia nel centro storico di Città della Pieve davanti un’assemblea di circa cento persone.
      Bassetti ha tenuto a ricordare che «occorre rispettare la persona e la salute fa parte della persona: per questo, durante le Messe che riprendiamo a celebrare, dovremo avere alcuni accorgimenti. Ma stiamo certi che il Signore è sempre in mezzo a noi.
      Importante è la presenza e la voglia dei Fedeli perchè il Signore c’è sempre.

      • Alberto Vitali

        Sono d’accordo con quanto detto da Corinne anche secondo me il fatto di eseguire musica sacra al di fuori di un contesto religioso non è proibito, certo però bisogna sempre rispettare dei canoni di rigore formale e morale che comunque devono tenere conto dei significati della composizione che è appunto sacra. In diversi matrimoni a cui ho partecipato mi è capitato di ascoltare musiche profane all’interno della celebrazione che appunto avessero un particolare significato per gli sposi e credo che non sia una cosa sbagliata ma come ho detto prima deve esserci un motivo più che valido perché comunque si tratta di una funzione religiosa, e mi è capitato diverse volte che il don del mio paese quando portava la mia comunità in un pellegrinaggio utilizzasse delle canzoni profane appunto per utilizzarli come modelli per fare delle riflessioni. Mi è capitato in questo di ascoltare un album di Kanye West più precisamente questo:https://www.youtube.com/watch?v=8yQVcGkbpAc dove unisce temi religiosi ad un contesto di musica principalmente profano che sono quelli del pop/rap, l’album è nato in realtà come tipo gospel anche se in realtà non lo è del tutto, credo che questo album sia un buon compromesso di unione tra uno stile di musica profano cioè quello del pop/rap e dei temi prevalentemente o quasi totalmente sacri.

        • L’intervento di Alberto mi fa pensare ad un’altro musicista ascoltato di recente (kirk Franklin) cantante statunitense di genere hip hop che nei suoi album unisce il genere hip hop con quello gospel.
          https://youtu.be/5-MNuakMPVU, in questo album viene rappresentata l’unione tra musica sacra del gospel e la musica profana dell’hip hop.

    • Mattia Morandi

      Rispondo ad Antonio riprendendo l’articolo di Elena. Oggi il profano è entrato quasi completamente nel sacro, mentre quest’ultimo fatica ad uscire dal suo ambiente, forse per paura di essere fuori luogo. Esempi di profano nel sacro ne abbiamo a volontà, soprattutto nelle celebrazioni o nei concerti nelle chiese. Io non credo che sia un male, anzi, dovremmo provare a spingere ancor di più il sacro fuori dal suo campo, inserendolo a pieno nella vita musicale.

      • Bianca Beltrami

        Per rispondere a Mattia e parlare non solo dell’ambito sacro ma anche di quello PROFANO vorrei prendere come esempio una delle mie canzoni preferite, “Male che fa male” di Alex Baroni. (https://www.youtube.com/watch?v=t2eTHcDrbso)
        Concordo sul fatto che sia difficile trovare esempi di argomenti sacri in ambito profano ma questo è uno di quegli esempi.
        Basta osservare il primo verso della canzone in cui vi è proprio una vera e propria preghiera a Dio
        “Dio se ci sei, con i dolori tuoi,
        ascolterai una preghiera
        i figli tuoi, chiedono amore sai,
        ci sentirai, cosi’ vicino a te.”
        Nel ritornello, invece, Baroni si rivolge direttamente a Dio chiedendogli di dare delle risposte ai suoi dubbi. Visto che chi è credente non può vedere e non può parlare direttamente con Dio ma deve affidarsi unicamente alla fede.
        “Lasciati parlare, lasciati cercare
        lasciati vedere e guarda noi.”

        Nonostante il TESTO di questa canzone sia chiaramente SACRO, però, si inserisce in un CONTESTO quasi UNICAMENTE PROFANO, ovvero quello della canzone Italiana moderna. Inoltre, per condividere la mia esperienza personale, nonostante io non mi ritenga particolarmente credente, è una delle canzoni che apprezzo maggiormente perché al suo interno vengono espressi i dubbi che chiunque potrebbe aver avuto, riuscendo ad arrivare, grazie al fatto che questi concetti vengono espressi in un contesto di grande fama, ad un numero elevatissimo di persone.

      • Concordo, anche se in parte, con quanto detto da Mattia. È vero che il profano è riuscito ad entrare nell’ambito sacro, ma è altrettanto vero che anche quest’ultimo sta riuscendo ad uscire dal proprio ambiente.
        Mi viene in mente per esempio una canzone di Raf, “Oggi non ho un Dio” (https://youtu.be/KaLQwejruW4).
        Questo brano, anche se inizialmente ha suscitato diverse polemiche, spinge a riflettere su tutto ciò che è spirituale e che è l’esasperazione in cui ci si trova quando si perde la fiducia in tutti e di conseguenza la si perde anche in Dio. Questa canzone è anche stata scelta come brano per accompagnare il periodo di Quaresima nel 1997 perché dal testo si colgono spunti significativi dal punto di vista spirituale.
        Penso che questo brano possa essere un buon esempio per l’argomento sacro e profano, in quanto questi due ambiti vengono uniti in una stessa canzone. Il testo infatti è sacro mentre la musica è profana.

    • Federica Medda

      Sono d’accordo con quanto scritto da Antonio (si ricollega a quanto detto da Elena e Mattia) penso che oggi la musica sacra abbia perso valore e spesso si mescoli con quella profana che come giustamente ha detto Antonio, nei matrimoni viene quasi esclusa. Penso anche che nei contesti delle cerimonie o festività sacre la musica eseguita non è varia e con un significato profondo ma vengono eseguite sempre le stesse composizioni a mio parere “banali” ; mi permetto di utilizzare il termine banali perchè personalmente trovo che le canzoni o composizioni che vengono riprodotte fino allo sfinimento diventino scontate. Personalmente essendo una cantante mi è capitato di cantare a dei matrimoni e ho appunto notato che i brani che mi venivano proposti erano sempre gli stessi o in alcuni casi anche non sacri; come detto da Antonio colonne sonore di film. Penso anche io quindi che si dia più importanza a quanto sia orecchiabile piuttosto che al contesto.

      • Rraboshta Denis

        si sono d’accordo con Federica sul fatto che la musica sacra purtroppo ha perso molto valore; e ciò soprattutto perchè la si è andata sempre di meno a ricercare con l’avvento di tipologie di musica sempre più nuove e particolari. un fatto che giustifica ciò l’ho vissuto proprio un paio di giorni fa quando ho detto ad un mio amico che a me piaceva molto la musica sacra la quale poteva benissimo essere musica antica, musica sacra come canti gregoriani (a cui stavo appunto facendo riferimento) ecc ecc… e lui ha risposto:”aah quelle canzoni che si cantano in chiesa a messa quindi…”. questo mi ha fatto capire quanto la musica sacra al giorno d’oggi venga stereotipata continuamente a delle semplici canzoni recitate per esempio a messa invece che dei brani che cercano di trasmettere dei profondi messaggi.

  13. La musica profana nel medioevo era costituita da canzoni dell’amor cortese, dedicate alla natura, satire politiche e danze accompagnate da strumenti. Le parole nella musica profana avevano un ruolo importante ed erano composte in modo che esse potessero essere cantate per divertimento.
    Nel medioevo la più grande collezione di musica profana proviene dai poemi dei trovatori, provenienti dal sud della Francia. Compositori come Josquin Desprez scrissero musica sacra e profana, egli in particolare, compose 86 pezzi di musica profana e 119 di musica sacra (di seguito due esempi di composizioni di Desprez).

    (Josquin Desprez | Missa L’Homme Armé Sexti Toni – V. Agnus Dei https://youtu.be/kn0SF3O1raY )
    ( Josquin Desprez – El Grillo https://youtu.be/OI-bQ0RkArA )

    Guillaume de Machaut e i suoi contemporanei avevano usato il mottetto indifferentemente come forma sacra e profana, ( https://youtu.be/dcfPr4IN2MM ), mentre i compositori fiamminghi del secolo successivo utilizzarono il mottetto soprattutto nell’ambito liturgico, trasformandone contemporaneamente in maniera radicale la tecnica compositiva (https://youtu.be/P9yzTTwAj5U?t=76 ).
    Quando il mottetto però uscì dalle chiese per entrare nelle case dei nobili e assumere quindi un carattere profano, questa composizione venne osteggiata dalla Chiesa.
    A mio parere se anche la Chiesa ha avuto questo atteggiamento di separazione e di distacco tra i due generi fin dall’inizio, forse sacro e profano devono mantenere ancora oggi ognuno la propria strada.

  14. All’interno dell’articolo si apre un’importante discussione sulle tematiche di sacro e profano che ormai, nell’ambito musicale, sono difficilmente distinguibili.
    Sicuramente ognuno di noi è in grado di percepire a primo impatto, attraverso l’ascolto, quando si sta trattando di una composizione sacra e quando, al contrario, di una profana.
    Ma sotto che punto di vista, queste ultime, si differenziano?
    Come anche l’articolo cita, le composizioni sacre riprendono le sacre scritture e, quindi mantengono un linguaggio prettamente religioso mentre, al contrario, le composizioni profane fungono più da intrattenimento (venivano impiegate per esporre argomenti frivoli, di tipo satirico, politico…).
    Stiamo parlando di due argomenti completamente opposti l’uno all’altro, eppure bisogna ricordare che c’è stato un periodo in cui esse divennero addirittura intercambiabili (nel periodo barocco erano minime le differenze tra sonata da chiesa e sonata da camera tanto che anche l’organo iniziò ad essere impiegato all’interno delle corti).
    Mi trovo d’accordo con la citazione
    “C’è un posto per ogni cosa e una cosa per ogni posto” e, proprio in questo ambito, la trovo perfettamente coerente: ormai capita tutti i giorni che in un ambiente sacro vengano eseguite anche delle composizioni profane o viceversa e penso che a molti di noi, come anche Samuel ha confermato all’interno del suo commento, sia già capitata una situazione del genere.
    Io per prima, quando facevo parte del coro delle voci bianche dei Piccoli Musici di Casazza, mi sono ritrovata a cantare delle musiche non pertinenti all’ambiente in cui mi trovavo.
    Personalmente ritengo che un ambiente sacro richiami il rispetto del luogo stesso e delle persone che lo occupano che ci si recano per una funzione precisa: la preghiera.
    Anche se sicuramente, quando succede non capita in mala fede, penso che argomenti di tipo profano possano essere tranquillamente evitati ed omessi all’interno di luoghi in cui la gente potrebbe richiedere un maggior rispetto: ognuno di noi è diverso quindi non tutti potrebbero apprezzare una simile situazione.
    Nonostante questo, però, ritengo che un musicista non debba comunque limitarsi ad una sola situazione.
    Per spiegare meglio questo concetto ci terrei a riprendere questa citazione:
    “L’immaginario deve poter oscillare tra sacro e profano per essere sano” Daniele Luttazzi.
    Analizzando il significato di questa frase nei confronti dell’ambito musicale ritengo che non ci sia un’affermazione più veritiera: la mente di un musicista, a prescindere del personale gusto musicale, deve saper essere aperta e modellabile ad ogni situazione, non deve limitarsi alle musiche sacre ma deve saper intraprendere anche la via del profano o viceversa: un grande esempio è Bach che non si è limitato a lavorare solo all’interno dell’ambiente sacro ma si è esposto con alquanta bravura in quello profano come possiamo notare nelle sue cantate profane realizzate per l’ambiente di café Zimmermann.

  15. Alberto Vitali

    Ricollegandomi al tema dell’intercambiabilità tra sacro e profano mi viene in mente la nascita del gospel e di tutti i derivati del genere, dove appunto da dei canti profani creati dagli schiavi neri nei campi di cotone siano nati poi dei veri e propri generi musicali nuovi, il fatto che da un contesto profano come quello lavorativo si siano inspirati ai passi biblici della bibbia per creare dei nuovi generi musicali, mi fa pensare che appunto tra i due generi non ci siano delle sostanziali differenze, tante volte i testi e le musiche erano popolari e tramandati soltanto via voce, soprattutto nel significato dei testi c’erano le speranze di una vita ultraterrena come proclamata dai testi biblici. Da questi canti poi nacquero diversi stili musicali come il jazz, il blues e molti altri che appunto per la maggior parte invece hanno significati profani come ad esempio il brano Summertime di George Gershwin. Una volta mi è capitato di suonare con un gruppo jazz per una serata in un locale e da alcuni pezzi che ho suonato emergeva questo senso di sofferenza, soprattutto ascoltando i testi, e si sentiva anche la presenza di concetti religiosi all’interno dei testi.

  16. Beatrice Roncelli

    Nel corso degli anni la musica si è evoluta, come qualsiasi altra cosa, e questo ha portato a un cambiamento dei contesti nei quali viene eseguita; la musica profana ormai si può trovare anche in chiesa mentre la musica sacra non riesce a uscire dal contesto in cui è nata e si ritrova così ad essere quasi sostituita perché diventata troppo “complicata” e non più una musica che possono eseguire tutti.
    Mi collego con ciò che viene detto rispetto all’interscambiabilità dicendo che, oltre che ad essere presente tra musica sacra e profana in quel periodo, è presente anche tra la musica cosiddetta “classica” e la musica moderna. Ci tengo a citare il Canone di Pachelbel, un brano che è stato rivisitato in più occasioni e inserito in canzoni moderne, come, per esempio, nella canzone “Memories” dei Maroon 5 nella quale la base è il Canone rivisitato e semplificato (https://www.youtube.com/watch?v=SlPhMPnQ58k).

    • Corinne Mazzucotelli

      Come ho già scritto, io penso che negli anni, sia la musica profana che quella sacra siano uscite dalle proprie zone di comfort e abbiano raggiunto ambienti nuovi. Sicuramente la musica profana riscontra maggior facilità in questo, ma anche la musica sacra si sta facendo strada. Beatrice afferma che la musica sacra non riesca ad uscire dal proprio contesto e che, di conseguenza tenda ad essere sostituita. io rispetto il suo pensiero ma la penso in modo diverso, ribadendo quanto scritto in precedenza.
      Vorrei far conoscere a Beatrice questo musicista, il quale attraverso la propria musica ha reso più “ai giorni nostri” delle composizioni sacre, senza mai perdere di vista il contenuto. Ma non solo, molte sue composizioni presentano all’interno diverse contaminazioni di altri generi.
      STEVE DOBROGOSZ (Raleigh, 26 gennaio 1956) è un pianista e compositore statunitense.
      Nato e cresciuto nella Carolina del Nord, Dobrogosz studiò presso la Jesse O. Sanderson High School e in seguito al Berklee College of Music a Boston. Nel 1978 si trasferì a Stoccolma (dove abita tuttora): lì cominciò ad esibirsi e ad incidere musica.
      La carriera musicale di Dobrogosz spazia fra i generi più vari, includendo jazz e pop oltre alla musica classica della grande tradizione occidentale. Alcuni dei suoi lavori si focalizzano sul connubio fra jazz ed esperienza corale: segnatamente la sua celebre Mass (1992) è stata subito eseguita da orchestre e cori di tutto il mondo.
      https://www.youtube.com/watch?v=Xw__h35uBtw
      Compose anche un Requiem/Te Deum (forma musicale: messa)
      https://www.youtube.com/watch?v=_u6j6iTRg0M
      Egli ha caratterizzato il proprio repertorio con continue contaminazioni, prevalentemente rivolte alla musica jazz e pop. Kyrie, Gloria, Sanctus, Benedictus e Agnus Dei (questo l’Ordinario della Messa cattolica): 5 brani molto diversi tra loro, moderni e innovativi nel linguaggio, ma di facile ascolto e immediato coinvolgimento, a dimostrazione di come gli antichi testi della tradizione cristiana possano rivelarsi ancora oggi un’incontaminata fonte di ispirazione musicale, non tradendo la propria vocazione e ricevendo un vestito sonoro che li trasforma in una preghiera moderna.

  17. Ludovica Bettinelli

    Come ho già detto, questo articolo mira a mettere in luce diverse questioni: l’evoluzione della musica sacra, diventata ormai pratica d’élite, appannaggio di pochi, come hanno spiegato Alberto, Mattia e Antonio, ma anche le diverse distinzioni di genere all’interno dell’ambito stesso, come ha puntualmente riportato Bianca, o la tesi di chi, come Alessandra, l’ha smentita.

    Ora però vorrei mettere sotto agli occhi di tutti un’altra questione finora non sollevata:
    COME LA MUSICA SACRA E PROFANA INFLUISCONO NELLA SFERA DEL JAZZ.

    A dare origine a questo genere fu uno degli episodi più oscuri e vergognosi della nostra storia: la deportazione degli schiavi in America. Catturati con violenza in Africa e venduti come bestie nelle piazze dei mercati, essi trovarono nella musica non solo aiuto per sopportare le fatiche, ma anche per rivendicare la propria libertà nei confronti dei padroni . Questa musica, chiamata appunto jazz, nacque dunque nel 900 dalla fusione d’elementi tipici africani con quelli del nuovo ambiente in cui gli schiavi si trovarono a vivere.

    Una prima fonte di jazz furono i canti di lavoro detti work-songs, i CANTI RELIGIOSI detti “SPIRITUALS”, o gospel-songs.Questo genere, originariamente monofonico e a cappella, riporta generalmente un testo religioso cristiano e rappresenta una delle primarie espressioni di credo divino.
    Link per ascolto e approfondimento: https://www.youtube.com/watch?v=iK9vHu7Tgcs

    Un’altra fonte del jazz fu il blues, un canto di GENERE PROFANO e di carattere nostalgico e triste.
    Il genere musicale detto blues è una forma di musica vocale e strumentale la cui forma originale è caratterizzata da una struttura ripetitiva di dodici battute e in particolare, nella melodia, dell’uso delle cosiddette blue note. Viene talvolta identificato come un genere musicale a sé stante.
    Pioniere in questo ambito è stato sicuramente il chitarrista T-Bone Walker, il cui pezzo più celebre è
    “Call It Stormy Monday”. Link per ascolto-https://www.youtube.com/watch?v=VAPDJheC0Jk

    E’ stato dunque ampiamente dimostrato che entrambi i generi, SACRO E PROFANO, contribuirono a creare la MUSICA JAZZ, nata a New Orleans come risultato della fusione dei diversi stili citati.
    Vorrei concludere con la citazione di uno fra i maggiori esponenti del jazz: il celebre Louis Amstrong (1900-1971); egli disse:

    “Tutti quanti sappiamo suonare do, re, mi ma dobbiamo saper trovare poi da soli le altre note”

  18. Giorgia Tombini

    Non sono pienamente d’accordo con quanto citato nell’articolo sulla questione che “il canto […] esclude l’aspetto partecipativo e celebrativo della collettività, che non è nelle condizioni reali di dare il proprio contributo, perché troppo complesso ed incomprensibile il messaggio richiesto, troppo difficile l’aspetto tecnico necessario all’esecuzione”.
    Partirei da una premessa. Le più antiche composizioni, parte di una musica ancora bambina, utilizzavano sonorità e melodie molto semplici che servivano a coinvolgere tutti: nelle chiese l’assemblea dei fedeli e nelle locande il popolo comune (con melodie e testi differenti in base al contesto). Negli anni però la tecnica musicale si è evoluta incontrando nuovi aspetti sia melodici che ritmici e adattandosi prevalentemente ad ogni periodo della storia. Con questo processo alla musica si sono aggiunti elementi sempre più difficili e complessi arrivando a composizioni molto più ricche rispetto alle precedenti. Da un lato anche oggi si assiste a musiche e canzoni molto articolate, in contrapposizione però si sta tornando a tener conto della semplicità melodica. Per questo caso prendo in considerazione tutta quella musica definita “commerciale” e che secondo me trova le fondamenta nelle composizioni del passato. Quante volte si sente dire “ah, ma sono famosi perché sono tanto commerciali, è logico che li passano in radio”. Significa che canzoni di questo tipo sono talmente orecchiabili e semplici da cantare che “funzionano” ed entrano nella testa di quasi tutti e che in un ipotetico concerto dal vivo il pubblico canterà con molta facilità tutti in coro.
    Di seguito allego il link di una canzone, esempio plausibile di questo fenomeno, classificata al quarto posto al Festival di Sanremo 2021. https://youtu.be/Q7NjUxGMv7Y
    Possiamo riscontrare queste caratteristiche anche nella musica liturgica odierna, tornata a linee melodiche accessibili a tutti e quais “pop”, che coinvolgono l’assemblea, anche con un organico strumentale prettamente più profano. https://www.youtube.com/watch?v=SbKGiRGy4rQ

  19. Contrariamente a ciò che viene citato nell’articolo, personalmente non penso che si siano perse completamente le caratteristiche delle composizioni del passato.
    I brani cantati in chiesa da tutti i fedeli presentano, ancora tutt’oggi, la caratteristica di una ritmica semplice e ripetitiva, le melodie sono semplici e facilmente assimilabili (io, ad esempio, non vado in chiesa da anni e ancora oggi mi ricordo moltissimi testi con rispettive melodie che ero solita cantare ogni domenica) questo, possiamo notarlo nel brano “Tu sei” che mantiene sempre la stessa ritmica e la stessa melodia, variando, semplicemente, solo il testo delle strofe.
    Riguardo, invece, all’impiego di specifici strumenti musicali per i concerti sacri penso che, negli anni, siano cambiate molte cose.
    Sicuramente tra gli strumenti sacri ci sono, da sempre, l’organo a canne ed il liuto (spesso quest’ultimo si trova dipinto sulle pareti delle chiese ed, inoltre, venne anche dipinto da Caravaggio nella sua opera “Il suonatore di liuto”).
    Ritengo che questi siano i due strumenti più significativi tra quelli impiegati precedentemente.
    Al giorno d’oggi l’organo viene ancora impiegato ma, molto spesso, viene rimpiazzato da chitarre o, più raramente e in situazioni più significative, dagli archi…
    Ormai ognuno di noi vede la normalità in tutto questo, e se invece venisse impiegata un intera orchestra?
    Sicuramente in questo caso non si parlerebbe più di messa ma di vero e proprio concerto.
    A me è già capitato di suonare, con l’orchestra, all’interno di una chiesa.
    Sicuramente questo succede solo in rare occasioni e, molto difficilmente, avviene nel momento stesso della messa.
    Ma la chiesa è effettivamente il luogo adatto?
    Personalmente ritengo di no, poiché è un luogo di rispetto e, inoltre, penso che molti strumenti (batteria, alcuni fiati, contrabbasso…) non siano adatti.
    La chiesa è un luogo che richiede rispetto e che, sin da sempre, sotto al punto di vista strumentale, ha impiegato brani molto delicati nei confronti della sonorità, quindi non può essere un luogo d’ “esibizionismo” come, invece, ai giorni nostri, ormai è “normale” vedere.

  20. Giorgia Tombini

    Non è caso che sacro e profano, generi tanto differenti nella musica e nel testo, si siano incontrati e si siano contagiati a vicenda, tant’è che le influenze sono parecchio evidenti in entrambi i casi.
    Partendo dalla musica liturgica (in ambito cattolico) – forse il genere in cui si nota maggiormente questo scambio – suonata in chiesa solo durante le celebrazioni, si può notare come il profano l’abbia contagiata con cellule ritmiche semplici ma vivaci, con un tempo allegro, con una linea melodica facile, ripetitiva e sulla falsa riga di una canzone e per finire con un organico differente (chitarre, pianoforte, percussioni) andando così a sorclassare l’organo – utilizzato principalmente nei momenti più solenni – e perdendo quel senso più profondo e intimo, sollecitato a specchio dal canto comune, del pregare cantando. In questo caso si va a ricercare il contatto con Dio attraverso il canto comune e il “divertimento”, si va quindi a toccare la parte piacevole e più leggera del pregare, anche secondo me per coinvolgere i bambini più piccoli che di fronte a canti più mielosi e a un testo più difficile farebbero fatica a capire. Questo fenomeno si riscontra anche nella musica spiritual delle chiese afroamericane cristiane-metodiste che con le tipiche tuniche lunghe e stravaganti dei cori rimandano alla parte più terrena, quindi ritmica, dell’uomo. Questo genere infatti è nato da un contesto profano (gli schavi di colore che lavoravano nei campi di cotone) trasformandosi in sacro. https://www.youtube.com/watch?v=olQrCfkvbGw
    Meno evidente invece è l’influenza che ha avuto la musica sacra in quella profana, forse perchè troppo confinata nell’ambito religioso e meno propensa a uscire dagli schemi e dal contesto. Perlopiù la musica sacra in ambito profano possiamo trovarla nei testi, che certe volte rimandano a passi biblici o a concetti religiosi. https://www.youtube.com/watch?v=Ej0ME8xdiF8
    Chiari riferimenti possono essere apprezzati anche nella musica, molto profonda e coincolgente in un clima di raccoglimento. Esempio esplicito è il ritornello dell’ “Hallelujah” di Cohen, oltre che la frase nella seconda strofa “Your faith was strong but you needed proof” (la tua fede era forte ma avevi bisogno di prove).

  21. Rraboshta Denis

    {il canto sia diventato una specialità per pochi addetti ai lavori – sempre più una questione di esibizionismo, o di competizione – che esclude l’aspetto partecipativo e celebrativo della collettività}
    a mio giudizio questa è una delle frasi più importanti, di significato e rappresentative del nostro presente. ci troviamo in un epoca dove l’obbiettivo di un brano (sia sacro che non) non è più il trasmettere delle sensazioni che vadano ad inquadrare una partecipazione della collettività, ma la semplice competizione dove parti tecniche troppo complesse vanno ad intralciare la comprensibilità del brano. ovviamente ciò è dovuto anche al fatto che la musica ora la si può ascoltare con una facilita incredibile (come diceva Daniel in un altro commento: in cuffia in macchina sulla radio ecc…) rispetto al passato, è diventata una cosa così normale che la differenza tra musica di “buon gusto” e fiumi di musica veramente “inudibile” non si nota quasi più.

  22. Antonio Guerini

    A mio avviso non esiste musica adatta e musica non adatta ma esiste soltanto bella e brutta musica talvolta quando suono a dei matrimoni in chiesa mi capita di suonare dei brani che non hanno niente a che vedere con la musica sacra eppure in quel contesto non stonano e fanno molto effetto, ho suonato di tutto dalla musica punk/rock come wake me up when september ends dei green day alle colonne sonore di morricone ed in entrambi i casi la musica eseguita ha riscosso molto successo, capita anche l’opposto ovvero che brani sacri vengano eseguiti in ambito profano e da artisti di “musica leggera” come nel caso di Pavarotti and friends dove sting ha cantato con il celebre tenore Pavarotti il panis angelicus di Franck: https://youtu.be/Mbi1gxQDBK0
    Quindi non a mio parere non esiste un luogo sbagliato per eseguire musica al di là del significato ma soltanto bella e brutta musica.

  23. Ludovica Bettinelli

    Leggendo l’articolo e i commenti appare evidente come la questione dell’intercambiabilità della musica sacra/profana ancora animi i dibattiti culturali e affascini tutti noi; ne hanno parlato Luca, Sara, Cecilia…ma allora ecco che, tenendo a mente il tema, mi permetto di sconfinare in un altro campo a parer mio interessante: COME LA MUSICA SACRA/PROFANA HANNO INFLUITO SULLA LETTERATURA?

    Una figura sicuramente fondamentale per questo tipo di analisi è quella di Dante Alighieri; persino i più antichi biografi di Dante, a cominciare dal Boccaccio, parlano dell’amore di Dante per la musica: e non poteva essere altrimenti per un poeta vero, sensibilissimo al bello, che aveva l’animo aperto ad ogni espressione e ad ogni soffio della vita. Dante, come tutti gli uomini medievali, ha affrontato gli studi di trivio e quadrivio, quindi conosceva la musica, perciò ne parla con precisione di linguaggio e con termini tecnici, come altrimenti non avrebbe potuto fare.

    Il Purgatorio e il Paradiso sono le cantiche del poema dantesco che meglio ci consentono di analizzare la MUSICA INSTRUMENTALIS e vocale della Firenze medievale.

    Nel Purgatorio la musica è intesa come espressione LITURGICA realisticamente descritta, sebbene il primo canto che le anime odono sulla spiaggia antipurgatoriale sia PROFANO, ed è sempre legata alla parola; quella paradisiaca, invece, mira alla raffigurazione della luce e del moto delle anime e acquista una sempre maggiore indipendenza rispetto alla rappresentazione della fedele riproduzione melodica del testo SACRO.
    Queste, in grande sintesi, le differenze tra la musicalità del secondo regno oltremondano e quella dell’ultimo. Alla salmodia privilegiata nel Purgatorio si sostituisce la polifonia che lascia spazio maggiore all’immaginazione del lettore:
    Purgatorio e Paradiso rappresentano, dunque , due mondi musicali legati a culture scientifiche linguisticamente antitetiche: quella dell’ortodossia monodico liturgica e quella della sperimentazione polifonica.
    Cantus planus ( nato dalla tradizione PROFANA e gregoriana coeva)e musica MENSURABILIS costituiscono l’ opposizione ideologica su cui si fonda la costruzione musicale delle due cantiche. Inoltre, nel Purgatorio la musica ha sempre una funzione REALISTICA all’interno della narrazione mentre nel Paradiso essa assume spesso connotati EVOCATIVI e retorici ed entra nella costruzione della grande rappresentazione allegorica dell’ARMONIA CELESTE, contrapposta alla dimensione UMANA E TERRENA del Purgatorio.

    Per concludere vorrei citare le parole del sommo poeta che, riferendosi alla musica; disse:

    « Ancora la Musica trae a sé gli spiriti umani, che sono « vapori del cuore, sicché quasi cessano da ogni operazione; si è l’anima intera quando l’ode, e la virtù di tutti « quasi corre allo spirito sensibile che riceve il suono ».

  24. Giacomo Bagini

    Io penso che i canti di chiesa odierni, prevalentemente di derivazione profana, siano più semplici da imparare per i fedeli rispetto a quelli del passato, nati in un contesto sacro e indirizzati esclusivamente a tale contesto. Questo perché i brani moderni hanno abbandonato il testo in latino, sostituito dall’italiano o dall’inglese. Anche il ritmo, essendo più variegato e con una metrica ben definita, è più facile da memorizzare rispetto alle note lunghe presenti nei canti sacri. Sicuramente c’è una possibilità che i nuovi canti siano più “tecnici”, ma penso che non sia nulla che metta in difficoltà i fedeli che frequentano la chiesa.

  25. E’ proprio vero, come spiegato nell’articolo, che la musica non si sottopone più a paletti così rigidi. Non esiste più quel muro che separa sacro e profano come fossero mondi paralleli, destinati a non incontrarsi mai.
    Spessissimo si sente fare musica sacra in ambito profano, e anche musica profana in ambito sacro. Basti pensare, come citato anche da Laura, ai matrimoni. Ma non è l’unico esempio possibile, infatti si può fare anche un discorso sul gospel, sul soul, etc…
    Il gospel rientra in quella musica che nasce dal dolore, il dolore degli schiavi neri trattati come bestie da lavoro. La musica per loro era un sostegno morale, era conforto, e i canti nascevano in maniera spontanea durante il lavoro. Spesso si trattava di canti religiosi, e fra questi vorrei parlare di “Oh happy day”.
    Il brano, che ha un testo chiaramente sacro, è un inno alla conversione cantato generalmente nelle chiese protestanti in occasione del battesimo o della cresima(quindi in ambito sacro).Però in realtà lo si sente cantare anche in ambiti profani e in contesti profani, come ad esempio alle celebrazioni di capodanno.
    Inoltre, anche a me personalmente è capitato di cantare gospel e musica soul in contesti del tutto lontani dall’ambito sacro, come a concorsi col coro, etc…

  26. La musica sacra era strutturata in modo da essere popolare, cioè da essere assimilata con facilità da tutti.
    L’elemento fondamentale era la partecipazione, la necessità di comunicare e di far sì che la gente comune potesse partecipare in modo semplice e istintivo lodando il Signore. Ciò portava a melodie facili ed orecchiabili e a una ritmica pulita, netta e marcata.
    Oggi il canto professionale, come sottolineato anche dai vari talent, diventa elemento di esibizionismo e competizione, motivo di divisione. L’edonismo della nostra società si riflette anche nel canto diventato un campo per pochi eletti. L’aspetto comunicativo, educativo scompare, non c’è spazio per imparare, chi non è all’altezza risulta escluso e l’aspetto partecipativo scompare.
    Gli elementi che strutturano la musica sono troppo complessi e tecnici e spesso sfociano nella confusione.
    La musica sacra dovrebbe favorire la partecipazione, lo stare insieme e la comprensione comune della grandezza del Signore, dovrebbe essere istintiva.

    “La troppa familiarità con le cose sacre allontana forse da Dio. I sagrestani non entrano in Paradiso”- Ennio Flaiano

    Forse questa frase si può interpretare pensando al fatto che la familiarità con le cose sacre ci fa perdere l’innocenza e l’istintività necessarie a cogliere la semplice grandezza di un messaggio che ha bisogno di leggerezza e istinto e non di razionalizzazione e di approfondimento per essere compreso, così come istintiva e comprensibile era la musica sacra di un tempo.

  27. donato giupponi

    Benissimo ragazzi, che lavorone! Ho letto e riletto e vi ringrazio dei numerosi spunti, da cui apprendo ben volentieri. Colgo l’occasione per sottolineare – a prescindere dalle vostre posizioni alcune “più morbide”, altre più “integraliste” – il ruolo che avete e avrete come musicisti e come portatori di valori artistici, di socialità e di cultura. È un fatto […sigh!..], che non si canti più né durante il rito, né in altre occasioni più mondane e certamente dipende da tanti fattori, fra cui la mancanza dei minimi strumentali del linguaggio musicale, quindi coraggio che il lavoro non manca affatto, anzi! Altro gigantesco “sassolino”: il presente è la naturale conseguenza del passato e da lì si dovrà inevitabilmente passare e ignorarlo, dimenticarsene, o irresponsabilmente trascurarlo, equivarrebbe a non avere una tradizione, una nostra storia, un’appartenenza.

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