La notazione musicale

Alla base di un linguaggio, ci sta la comprensione di un codice, di una notazione che ci permetta di arrivare alla scrittura/lettura e di conseguenza all’interno dei concetti.

Leggere e scrivere vanno a braccetto e nel caso della notazione musicale, il fenomeno viene detto tecnicamente di “doppia astrazione”, dato che è doppio il passaggio di decodifica, che traduce un segno in una durata che si identifica a sua volta in un’altezza: un tono esatto, sia in lunghezza, che come intonazione.

È evidente come la complessità della scrittura musicale, metta a dura prova l’approccio di chi si accosta al mondo dei suoni, spesso demoralizzato dalle prime difficoltà e da risultati scadenti.

Coordinare il segno con la velocità, con le durate, le altezze, i nomi dei suoni, o col testo (nel caso si dovesse cantare), o con le posizioni di uno strumento (nel caso si dovesse suonare), è certamente complesso e necessita di esercizio, di pazienza e di metodo, grande metodo.

La strada – magari meno immediata, ma più sicura – consiste nel ripercorrere le fasi storiche della notazione stessa, così come l’istinto e la natura umana ce l’hanno tramandata in una lunghissima gestazione, fatta di intuizioni e sperimentazioni, a dimostrazione della grande difficoltà legata al problema dell’astrazione.

Dividerei la pratica in fasi successive, riassunte in sei parti:

La pratica divisa in sei parti

  1.  Vissuto sonoro
    È tanto più indicato, quanto i nostri interlocutori saranno più piccoli e di conseguenza liberi di muoversi senza vergogna e in totale serenità, interpretando il fenomeno sonoro con grande trasporto emotivo e in sintonia col proprio corpo, rispondendo alle sollecitazioni della musica, con gestualità calme e controllate, in corrispondenza di melodie lente ed armoniose, con movimenti più veloci e nervosi, dove la composizione prenderà vita, accelerando o scatenando la propria vitalità.
    Altro classico, alzandosi o abbassandosi, facendosi piccoli, piccoli, quando il suono si abbassa di tono e d’altezza, vivendolo dall’interno, con una lettura tutta personale, libera ed espressiva.
  2. Grafico pittorico
    Immediato e concreto, adattissimo nella prima fase dell’età evolutiva, specie con i bimbi che non sanno ancora né leggere, né scrivere.
    Consente di “trascrivere” il suono attraverso un canale istintivo e spontaneo, come quello del disegno, sensibilizzando un’interiorizzazione del fenomeno sonoro in ogni suo aspetto, indagando i parametri e le caratteristiche, rappresentando la forza, con un tratto marcato, o più delicato, il timbro con fonti diverse e così via.
  3.  Lineare
    La notazione lineare, presuppone una certa abilità di fondo nell’indagare il suono, le sue oscillazioni, che vanno colte e rappresentate con un grafico anche disordinato, che segua i movimenti verso l’acuto, o verso il grave – nel caso dell’altezza – del profilo melodico, interrompendo la linea in prossimità del silenzio, rappresentato dall’interruzione fra una linea ed un’altra.
  4.  Onomatopeico
    L’onomatopea sarà centrale ai nostri sforzi per avvicinare alla natura del suono – dolce, amaro, cupo, chiaro, metallico, freddo – utilizzando consonanti/vocali, sillabe, in un certo qual modo aderenti alla fonte sonora, a quello stimolo, a quel verso.
    Il linguaggio dei fumetti andrà benissimo (gulp, splash, zip, bang, ecc.), per fotografare lo stile intrapreso, per focalizzarne l’attenzione: particolarmente efficace a rappresentare la timbrica, la più sfuggevole delle caratteristiche del suono.
  5. Verbale
    Anche questa tecnica, ripercorre le fasi storiche di avvicinamento ad un codice specifico: infatti, se introduce ad una descrizione, sintomo di sensibilità, di appartenenza e coscienza, il verbale non può da solo rappresentare in modo adeguato il fenomeno sonoro, che continuerà ad essere vulnerabile e mal rappresentato.
    Tuttavia, sono codici evolutivi, che avvicinano alla simbologia e alla tecnica artistica, preparando soggetti di età diversa (leggono/scrivono – fine primaria, inizio secondaria), al mondo musicale.
  6. Simbolico
    L’introduzione dei segni, risale all’epoca dei Re, agli Ebrei (le teamìn, ebraiche appunto), molto simili concettualmente a quelli utilizzati durante il Medioevo (i neumi – canto Gregoriano), ma anche alla notazione lineare: direi che il passaggio è lo stesso, così come pregi (profilo melodico, suono, silenzio, gradi, salti) e difetti (nessuna preoccupazione delle durate, nessuna corrispondenza esatta delle altezze, con conseguente lettura di puro ausilio mnemonico).
    La vera svolta è rappresentata dall’introduzione della linea e con essa dal rapporto linea/spazio, su cui vanno a poggiare i simboli via via modificati dalla calligrafia (amanuensi), dalla pratica (professionisti), dall’evoluzione (stampa, pc).
    Una volta compresa la praticità di tale sistema (sopra/sotto/sulla linea), il passo da una, a due, a tre e a quattro linee (tetragramma – Guido d’Arezzo), sarà breve, così come una notazione finalmente più precisa ed efficace.
    Altri 500 anni (pentagramma – Gioseffo Zarlino), per il rigo attuale, ancora in auge, anche se messo a durissima prova dalla moderna tecnologia.

Tecniche e suggerimenti su spartiti in notazione moderna

Quali tecniche e suggerimenti, per orientare la lettura di uno spartito scritto in notazione diciamo “moderna”?
Rimane l’arduo problema della coordinazione fra suono, ritmo e nome (relative posizioni ed altezze), dunque è d’obbligo dividere la lettura in fasi:

  1. solo nomi dei simboli:
    identificare velocemente i nomi delle note corrispondenti ai diversi suoni spalmati sul rigo musicale, prima orientandoli, poi sempre più velocemente.
  2. solo ritmica:
    ovvero, lettura della simbologia limitata all’aspetto ritmico (ta-ta-ta, tenendo un tempo adeguato, continuativo e senza interruzioni, prima più comodo, poi sempre più veloce)
  3. entrambi gli aspetti coordinati:
    note e ritmica insieme, senza sbavature, con una certa sicurezza e spontaneità, con un tempo comodo e poi via via sempre più veloce, per acquisire con solidità una sicurezza adeguata

L’esercizio ed una buona dose di costante applicazione, porteranno ben presto ad una certa padronanza e da lì, alle grandi conquiste della comprensione del linguaggio musicale.

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